Al Qaeda con ramificazioni anche in Italia. Questo lo scenario che farebbe presagire gli arresti compiuti stamane dalla polizia sarda. In manette nove presunti membri di un’organizzazione con base in Sardegna e che sarebbe affiliata ad Al Qaeda, nell’ambito di un’operazione anti-terrorismo che ha coinvolto sette province. Le ordinanze di custodia cautelare emesse in tal senso sono in totale 18.

Gli arrestati sono tutti pakistani e afghani e avrebbero pianificato attentati nei loro Paesi di origine. Gli inquirenti, però, sulla base di alcune intercettazioni, fanno delle ipotesi choc: non escludono, infatti, che questi soggetti stessero addirittura progettando un’azione terroristica in Vaticano. “Non c’è la prova, c’è il forte sospetto… Si parla di grande jihad da fare in Italia. Può essere il Papa, ma non lo è necessariamente”. 

Questo il commento in merito del responsabile della Digos di Cagliari, Mario Carta. Intanto, Padre Federico Lombardi, portavoce del Vaticano, fa trasparire una preoccupazione minima da questo punto di vista. Per lui ed, in generale, il Vaticano, le ipotetiche minacce riguardano il passato e gli arresti odierni non destano preoccupazione.

Come mostra un video diffuso dalla polizia, gli agenti hanno fatto irruzione nell’abitazione del presunto leader spirituale del gruppo, imam tra Brescia e Bergamo e dirigente del movimento pietistico Tabligh Eddawa (Società della Propaganda), che sollecitava la raccolta di fondi presso le comunità pakistano-afghane in Italia. I fondi sarebbero, poi, stati inviati in Pakistan mediante membri dell’organizzazione, i quali avrebbero, a loro volta, aggirato i sistemi di controllo sull’esportazione doganale di denaro.

L’organizzazione, che avrebbe introdotto illegalmente sul territorio italiano cittadini pakistani e afghani, aveva a disposizione armi in abbondanza e numerosi fedeli che erano disposti a compiere atti di terrorismo in Pakistan ed Afghanistan per, poi, rientrare in Italia. Dall’indagine, diretta dalla procura distrettuale di Cagliari e coordinata dal Servizio centrale antiterrorismo, sarebbe emersa la responsabilità di alcuni degli indagati in numerosi e sanguinari atti di terrorismo e sabotaggio compiuti in Pakistan nel passato. Stando alle intercettazioni, due dei destinatari delle ordinanze sopra citate avrebbero fatto parte della rete di fiancheggiatori che proteggeva Osama Bin Laden in territorio pakistano.