Dopo un diploma al Conservatorio e una laurea in Giurisprudenza, Andrea, 28 anni, si ritrova a dormire sotto i portici di Piazza San Babila, a Milano, diventando, di fatti, un clochard. Questo ragazzo non ha più i genitori: sono morti quando lui era un bambino e non ha altri parenti che possano aiutarlo. Ciononostante, ha studiato e, con i sacrifici, è riuscito a conseguire i due titoli di studio e a mantenersi.
Come sappiamo, però, la disoccupazione giovanile in Italia è ad altissimi livelli e Andrea, putroppo, ne è stato vittima. In un’intervista a Il Giorno, ha raccontato che non ha avuto molto tempo per socializzare e di crearsi amicizie, visto che si divideva tra lavoro e studio e che, al momento, non intende raccontare il modo in cui sta tirando avanti: “L’orgoglio mi impedisce di chiedere aiuto, finché non è estremamente necessario”.
Anche se conduce un’esistenza da clochard, il ragazzo si mostra sempre con capelli in ordine, indumenti puliti e barba fatta. Andrea indossa un cappotto scuro e la borsa 24 ore. Sempre. Come se, appunto, svolgesse la professione per la quale ha studiato duramente. Il ragazzo racconta di essersi laureato nel 2009, lavorando, nel contempo, in varie aziende dove si divideva tra cartucce per stampanti e contabilità.
“Sono stato assunto da una multinazionale – prosegue – che mi ha affidato tutto il ciclo passivo della contabilità. Dopo 4 anni è fallita, dalla sera alla mattina mi sono trovato senza lavoro“. Nonostante i risparmi, Andrea ha dovuto rinunciare alla casa, visto che non riusciva a pagare più l’affitto e far fronte alle spese di tutti i giorni. Diventa clochard nel maggio del 2014.
“Vivo in strada da maggio 2014. L’aspetto più incredibile è che in strada riscopri gli istinti più primitivi: il primo pensiero è mangiare, poi coprirsi e dormire. Non in dormitorio, però. Lì non mi sento sicuro“.
Ovviamente, Andrea invia tutti i giorni il proprio curriculum per trovare un lavoro che gli permetta di vivere un’esistanza dignitosa, mediante la biblioteca: “Nelle agenzie interinali mi dicono che ho troppe qualifiche per i mestieri che girano“. Risposte paradossali che, però, caratterizzano questo nostro paese.