Una botta da oltre 200 euro. L’aumento dell’Iva dal 21% al 22% che, salvo miracoli, scatterà da martedì mattina, peserà, eccome, sulle tasche degli italiani. Un peso non legato soltanto all’aliquota più alta. Secondo la Federconsumatori, infatti, i rincari non si limiteranno all’1% in più sulla maggior parte dei beni di largo consumo, ma si rifletteranno inevitabilmente anche sui costi di trasporto e di produzione, visto che anche per l’energia a esempio bisognerà sborsare di più. Ricadendo quindi a cascata nuovamente su molti prodotti acquistati dalle famiglie che registreranno aumenti anche del 3-4%. 349 EURO A FAMIGLIA Considerando che l’Iva al 21% è oggi applicata sul 70% dei prodotti (ma non su molti generi alimentari che più pesano sulla spesa degli italiani), la Federconsumatori stima un rialzo del tasso di inflazione dello 0,85%, pari appunto a 209 euro l’anno per una famiglia di tre persone. Sulla base dei calcoli effettuati dall’associazione, l’incremento dell’aliquota produrrà ricadute economiche pesantissime, che vanno dai 209 euro su base annua per una famiglia di tre persone ai 349 euro per un nucleo composto da cinque elementi. «Oltre questi effetti diretti, l’aumento dell’Iva produrrà un disastroso effetto domino, con un incremento dell’inflazione, una pesante diminuzione dei consumi e un rincaro generalizzato dei listini al dettaglio, specie nel settore alimentare e dei prodotti trasportati su gomma – ha dichiarato il presidente Codacons Carlo Rienzi – per questo è chiaro a tutti che l’aumento dell’Iva non servirà affatto a far uscire il Paese dalla crisi, ma al contrario sancirà la definitiva caduta economica dell’Italia. Il governo Letta deve quindi emanare un decreto urgente ad hoc per bloccare l’incremento dell’aliquota di ottobre», ha osservato ancora Rienzi. «Da martedì prossimo rischiamo di ritrovarci con l’aliquota ordinaria dell’Iva più elevata tra i principali competitors dell’area dell’euro: 2,4 punti in più rispetto alla Francia e addirittura 3 punti percentuali in più rispetto alla Germania» fa notare il segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi. «Tenendo conto della spesa media calcolata annualmente dall’Istat – ha aggiunto Bortolussi – se dall’1 ottobre l’aliquota ordinaria salirà al 22%, una famiglia italiana composta da 4 persone pagherà quasi 26 euro in più di Iva in questi ultimi 3 mesi del 2013 e ben 103 euro nel 2014. I trasporti, carburanti in primis, subiranno i maggiori rincari: nel 2014 l’aggravio medio sarà di 39 euro. Altri 20 euro aggiuntivi graveranno sulla spesa per l’abbigliamento e le calzature e altri 17 euro per l’acquisto della mobilia e degli elettrodomestici ». TASCHE VUOTE I rincari che peseranno di più sui portafogli delle famiglie si verificheranno quando ci recheremo a fare il pieno all’auto o saremo costretti a portarla dal meccanico o dal carrozziere (33 euro all’anno per una famiglia di 3 persone, 39 euro se 4), per l’acquisto dei capi di abbigliamento e per le calzature (18 euro per famiglia di 3 persone, 20 euro se 4) e per l’acquisto di mobili, elettrodomestici o articoli per la casa (13 e 17 euro). Quello del fisco sulle benzina, in particolare, è un vero e proprio accanimento. Dal 2010, tra sette aumenti delle accise e due dell’Iva, a partire del prossimo mese una famiglia si vedrà costretta a spendere per i rifornimenti di carburante 223 euro in più per la verde e 388 per il gasolio. Quanto al rincaro che parte martedì, sotto tiro ci sono anche i prodotti d’abbigliamento. Per le scarpe la Federconsumatori prevede un rincaro di 25 euro (il costo di un paio di stivali da donna a esempio passerà da 170 a 179 euro con un balzo del 5%, mentre per le sneakers da ginnastica l’aumento previsto è del 4%, da 69,90 a 72,50 euro). Per il vestiario l’incremento calcolato dai consumatori sarà di 81 euro per tutta la famiglia. A titolo esemplificativo, per un paio di pantaloni da donna si salirà da 69,95 a 71,90 euro (+3%), e per un pullover da 79,00 a 82,00 euro (+4%). Anche per i jeans il prezzo salirebbe da 122 a 126 euro, con un rincaro del 3%. Anche il costo di una tuta da bambino aumenterà del 3% (da 49,95 a 51,50 euro), mentre per una polo si passera’ da 25 a 26,50 euro (+6%). Il passaggio dal 21% al 22% dell’aliquota Iva ordinaria non peserà, invece, sulla spesa dei beni di prima necessità, come gli alimentari, la sanità, l’istruzione, la casa, tutti beni ai quali si applica l’Iva al 10% o al 4%, o non si applica affatto. TUTTI I PRODOTTI COLPITI Ecco, i prodotti colpiti. Anzitutto vino e birra. Poi tutto l’abbiglia – mento, le calzature, gli accessori oltre che le riparazioni di vestiti e scarpe. Stangata anche sugli elettrodomestici, sui mobili, sugli articoli di arredamento, sulla biancheria per la casa e sui servizi domestici. E pure gli articoli per la casa, i detersivi, i listini di lavanderie e tintorie subiranno un ritocco all’insù con l’aliquota Iva più alta di un punto. Occhio ai trasporti: anche i prezzi delle autovetture, i pezzi di ricambio, la benzina, la manutenzione e le riparazioni subiranno un aggravio. Stesso discorso per giochi e giocattoli, Radio, televisore, hi-fi e videoregistratore, computer, cancelleria, piante e fiori, riparazioni radio e computer. E ancora: prezzi più alti per i prodotti per la cura personale, i barbieri, i parrucchieri, gli istituti di bellezza, le gioiellerie e le bigiotterie. Senza dimenticare tutto il cosiddetto popolo delle partite Iva: i liberi professionisti, infatti, dovranno tener conto nelle loro fatture dell’ennesima stangata fiscale. RISCHI PER IL GETTITO C’è un altro aspetto. E cioè l’effetto sui consumi derivante da un incremento dell’Iva. Le famiglie italiane stanno stringendo sempre di più la cinghia (e non in senso figurato) e potrebbero tirarla ancora di più da martedì: tra aprile e giugno scorsi le uscite sono scese nel totale di un ulteriore 3,3% tendenziale. La flessione è generale, il calo più forte (-7,1%) riguarda i beni durevoli quali abiti, elettrodomestici, auto; ma si tagli non poco anche sugli alimentari (- 3,3%) e i servizi (-1,8%). «Il Governo non ha ancora capito che questa è una crisi di consumi e che fino a quando non si allenterà la morsa fiscale sui ceti medio bassi ridotti sul lastrico, la ripresa resterà una chimera», ha spiegato il Codacons che insieme alle altre associazioni dei consumatori Federconsumatori e Adusbef e alle imprese chiede da tempo al governo di scongiurare l’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, previsto dal primo ottobre. Non solo. Secondo la Confesercenti, con prospettive economiche così fragili, l’aumento dell’aliquota Iva al 22% sarebbe «un clamoroso autogol – ha affermato Confesercenti secondo cui «a fronte dell’aumento dei prezzi, il calo di consumi produrrebbe un minor gettito di 300 milioni invece dei 5 miliardi di maggiori entrate previste dal Tesoro».