Poco importa che, secondo il Fondo monetario internazionale, l’Italia sia sulla «strada giusta». E poco importa pure che (solo) nel 2014 il nostro Paese possa agganciare la ripresa (assai fiacca, per la verità, col pil in crescita dello 0,5%). Ripresa che il presidente della Bce, Mario Draghi, ipotizza già per la seconda metà dell’anno in corso, riferendosi comunque all’intera area euro e non solo al Belpaese. Uscita dalla recessione o no, c’è un indicatore che racconta la verità più amara da digerire. Ed è lo stesso Fmi a gelare gli entusiasmi, quando rivela che la disoccupazione italiana salirà continuerà a galoppare. Un’impennata tremenda: nel 2012 la fetta dei «senza lavoro» ha toccato quota 10,6%, quest’anno arriverà al 12% e crescerà fino al 12,4% nel 2014. A queste centinaia di migliaia di persone in più che a stretto giro si troveranno senza stipendio, non serve a nulla raccontare che il rapporto tra deficit e pil calerà al 2,6% nel 2013 e al 2,3% nel 2014. L’Italia ha i conti pubblici in ordine.Il Fondo non vede rischi di manovre finanziarie a giugno, ma eventualmentesolo «piccole correzioni». Il motivo è noto: da novembre 2011, con il Governo di Mario Monti alla guida del Paese, famiglie e imprese sono state dissanguate: la pressione fiscale nell’ultimo scorcio del 2012 ha ampiamente superato il 50%. E l’austerity, come osservato ieri da un autorevole economista, è «fallimentare». Dice Domenico Lombardi, presidente dell’Oxford institute for economic policy (Oxonia): «Le ricette per combattere la crisi dell’Eurozona non stanno dando i risultati sperati e forse sarebbe meglio correggere il tiro». Peraltro a forza di tasse, non solo non si raggiungono risultati sperati sul fronte imprese-lavoro, ma anche le finanze pubbliche, alla lunga, ne risentono. Tant’è che il ritmo di risanamento in Italia calerà e il debito sarà al 130,6% nel 2013, al 130,8% nel 2014 e comunque sopra al 120% almeno fino al 2018. Anche Draghi dice basta tasse. Secondo il numero uno della Banca centrale europea, gli sforzi basati «sulla riduzione della spesa provocano meno contrazione di quelli basato sulle tasse». In ogni caso, il presidente della Bce è ottimista per le prospettive della seconda metà del 2013. La ripresa sarebbe a portata di mano, ma «questo scenario è soggetto a rischi al ribasso» ha osservato l’in – quilino dell’Eurotower. Che poi hain qualchemodoammesso i limiti della stessa Bce:«Non può fare tutto per tutti in ogni momento ». Le parole dell’ex governatore della Banca d’Italia suonano un po’ come una richiesta di collaborazione sia all’Unione europea sia ai capi di governo, Anche a Francoforte, del resto, non mancano i timori. «La disoccupazione ha raggiunto livelli senza precedenti, specie tra i giovani» ha detto e «questa debolezza economica è stata provocata da un calo dei consumi privati e dalla mancanza di investimenti, in un contesto di fiducia debole da parte delle imprese e dei consumatori e di tensioni sui mercati finanziari». Il banchiere non ha fatto riferimento all’Italia. Ma i guai del nostro Paese sono sotto gli occhi di tutti. l’Fmi non ha potuto non prendere di mira anche il quadro istituzionale dell’Italia: le esperienze di altri paesi insegnano che l’incertez – za politica può avere effetto sugli investimenti. Incertezze che insieme col caso «Cipro» sobo uno dei «rischi di ripresa a breve sull’economia globale», ormai a «tre velocità»: mercati emergenti in grande salute, Usa in ripresa, Europa in recessione. Nel 2013 la crescita mondiale sarà al 3,3%, quella dellle economie emergenti e in via di sviluppo al 5,3%, mentre la crescita delle «avanzate» si fermerà all’1,2%, «merito» soprattutto del +1,9% degli Stati Uniti e del +1,6% del Giappone. Roba che in Italia è un miraggio.