Il fondatore e amministratore delegato del sito di social networking più popolare al mondo, Mark Zuckerberg, l’ha voluto nell’esclusiva e ristretta équipe che supervisiona lo sviluppo dell’applicazione Facebook per iPad, nonostante la sua verde età: 21 anni compiuti lo scorso ottobre. Zuckerberg non ha battuto ciglio di fronte al suo controverso cv.
Il suo ultimo enfant prodige non è un ragazzo qualunque ma George Francis Hotz, in arte Geohot, il pirata informatico, leggendario per essere stato trascinato in tribunale da ben due colossi: Sony e Apple. Il primo l’ha accusato di aver violato la legge federale pubblicando su un blog le istruzioni per installare programmi estranei sulla Playstation 3.
La seconda di aver manomesso il suo sistema operativo consentendo agli utenti di utilizzare gli iPhone su una rete diversa da quella At&t, fino ad allora l’unica abilitata dalla Apple. Hotz è solo l’ultimo di una lunga serie di ex hacker passati dalla parte dei buoni, dopo i leggendari Jeff Moss, Dustin Moskowitz, Kevin Mitnick, Brad Causey e Gregory Evans. Nato il 2 ottobre del 1989 a Glen Rock, sobborgo bianco di Bergen County, in New Jersey, ha frequentato il liceo Glen Rock Middle School della sua città prima di iscriversi alla facoltà di Neuroscienza del prestigioso Rochester Institute of Technologies.
Il 26 agosto 2007, pochi giorni dopo l’attacco contro l’iPhone, Hotz cominciò il college. Aveva solo 17 anni. «Voglio entrare dentro il cervello della gente: questa è la mia nuova passione» spiegò alla folla di reporter e paparazzi che lo attendevano nel grande prato del campus. Anche se non ha mai finito l’Università, nel 2008 la rivista Pc World l’ha incluso nella sua hit parade dei «dieci personaggi più ambiziosi dell’anno» . Dopo aver vinto 20 mila dollari e numerosi premi alla competizione scientifica per studenti liceali, Intel International Science and Engineering Fair, è tornato ad essere gettonatissimo da tutti i media americani, dalla CNN alla Fox. «Sin da bambino George è sempre stato un piccolo genio che amava manomettere i gadget elettronici» , spiega la madre di origine napoletana Marie Minichiello che, come il padre George Sr. e la sorella Julia, si dichiara «orgogliosissima» di lui.
La sua prima telefonata galeotta con il famigerato iPhone hackerato fu proprio per chiamare l’adorata mamma. «Mi chiese cosa stessi preparando per cena» , rievoca la Minichiello, io gli portai in camera la pizza e gli dissi che un giorno doveva assolutamente inventare un super mocio per lavare i pavimenti senza fatica» . A dar retta ai suoi compagni di scuola, Hotz è sempre stato un mini Einstein con il fiuto per gli affari. «Era un tipo simpatico e chiacchierone che faceva sempre ciò che gli passava per la testa» , ricorda un ex compagno della Glen Rock Middle School del New Jersey, «ma era anche strambo e molto eccentrico» . Nell’intervallo fra le lezioni Hotz andava tra i banchi cercando di vendere agli altri studenti i «suoi» computer «manomessi in casa» . «Aveva fabbricato uno scooter a motore e lo usava per andare porta a porta ad aggiustare i pc dell’intero paese» , rammenta un altro compagno. «Il più delle volte faceva solo danni. Ma era talmente intelligente e colto in materia di computer che nessuno si sarebbe mai sognato di chiedergli i soldi indietro» .