Il popolo del web si indigna per la morte del leone Cecil, per quella del fratello, quella delle giraffe e degli gnu. Ma la morte continua a colpire uomini donne e bambini del continente africano, nella più totale indifferenza.

 

I fatti risalgono alla fine di luglio, momento in cui, in Zimbabwe viene ritrovato un leone ucciso e decapitato. L’animale, si scopre grazie al radiocollare, è Cecil, un leone di 13 anni simbolo del parco nazionale di Hwange. Ucciso al di fuori dei confini del parco, mediante un colpo di fucile, il leone è, oltre che decapitato, anche scuoiato. Probabilmente la persona responsabile della sua morte aveva intenzione di ricavarne un tappeto di vera pelliccia da sfoggiare come trofeo.

 

Il colpevole del gesto, si scopre in seguito, è Walter Palmer, un dentista americano appassionato di caccia. Cominciano a fioccare le accuse contro l’uomo, che si difende affermando di aver pagato 50 mila dollari per poter uccidere legalmente il leone Cecil. Poco importa che il gesto del dentista fosse un atto di bracconaggio (assolutamente da condannare, ovviamente) oppure una battuta di caccia rispettosa della legge. Il popolo ha deciso: Palmer è un assassino. Cominciano gli insulti e le minacce, centinaia i manifestanti che assediano lo studio dove l’uomo lavora. Parte addirittura una petizione per l’estradizione del dentista.

Il mondo piange per la morte di Cecil.

 

Qualche giorno dopo una dichiarazione sconvolge nuovamente l’animo animalista di molti. Jericho, fratello di Cecil, è stato anch’esso ucciso. Nascono nuova tristezza e nuova rabbia, salvo poi scoprire che in realtà Jericho è vivo e vegeto e che il leone ucciso era un altro. Si crea comunque indignazione per la morte di un animale e si comincia una nuova caccia all’uomo per trovare la persona da punire, insultare, minacciare e distruggere. Il capro espiatorio è Jan Casimir Seski, un americano accusato di aver ucciso illegalmente un leone lo scorso aprile.

Il mondo piange per la morte di un leone.

 

Improvvisamente qualcuno si accorge delle foto su Facebook di Sabrina Corgatelli, una ragioniera americana amante della caccia sportiva. Sul suo profilo sono numerosi gli scatti che la ritraggono al fianco di carcasse di gnu, coccodrilli, bufali, facoceri e giraffe. E altrettanto numerosi sono i commenti di odio lasciati da moltissimi utenti. Tutti ugualmente feroci. Il fidanzato della donna, Aaron Neilson, anche lui cacciatore, tenta di difenderla, ottenendo come unico risultato l’inasprirsi delle critiche. Ci si dimentica in un istante di Palmer e del leone Cecil e si parte per la crociata contro la Corgatelli.

Il mondo piange per la morte di una giraffa.

 

E mentre l’opinione pubblica è interamente concentrata sulla fauna africana, gli abitanti umani del continente non sembrano essere presi in considerazione. Chiariamoci, il bracconaggio è un problema molto serio e nascondersi dietro alla frase fatta “ci sono cose più importanti” è ridicolo. Ma è impossibile non pensare che in Africa muoiono ogni giorno centinaia di persone. Malattie come ebola e AIDS, denutrizione, incidenti, guerre e persino gli stessi animali tanto difesi in questi ultimi giorni, mietono vittime incessantemente, senza risparmiare nessuno, neppure i bambini. Queste sofferenze, questi decessi, sono sotto gli occhi di tutti ed esistono da sempre.

Eppure il mondo non piange.