La gelosia. Sentimento provato almeno una volta nella vita, indipendentemente dagli ambiti di riferimento. C’è chi ne soffre come fosse una vera e propria malattia. Desiderio incessante di possedere e programmare la vita dell’altra persona, del proprio partner, secondo canoni propri convenienti. Accade, così, che la Cassazione di Palermo configura il reato di gelosia morbosa. Proprio così.

E’ stato, infatti, riaperto il processo che vedeva implicato un uomo siciliano, geloso ai massimi livelli, che vessava la moglie, chiedendole di non fare più la hostess. Secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte, la gelosia morbosa come reato si definisce in questi termini: “Insistente contestazione di tradimenti inesistenti, ispezione costante del telefono del partner, reiterate richieste di test del DNA sui figli”.

In questi casi si può configurare, nello specifico, il reato di maltrattamenti, che punisce la vessazione psicologica esercitata in questo modo. Accolto il ricorso della Procura presso la Corte d’appello di Palermo che si era opposta all’assoluzione del soggetto in questione. “Un lavoro non adatto a donne per bene”. Questa la motivazione alla base dell’eccessiva gelosia.

L’uomo era stato assolto dal reato di maltrattamenti nel maggio 2014, mentre nei suoi confronti la Corte d’appello di Palermo aveva convalidato la condanna per il reato di atti persecutori (un anno e sei mesi di reclusione, esclusa la misura di sicurezza applicata, oltre ad una provvisionale di 5 mila euro).

Per il giudice di merito, l’uomo doveva essere assolto dall’accusa di maltrattamenti in base al fatto che la vita di coppia era caratterizzata da una certa animosità e che non si era raggiunta la prova della consapevolezza dell’uomo di causare alla moglie un turbamento psichico e morale. Giudizio completamente ribaltato dalla Cassazione che, accogliendo i rilievi della Procura, ha disposto un nuovo esame davanti alla Corte d’appello di Palermo. Ora anche la gelosia diventa perseguibile penalmente. Attenti a non esagerare.