Sarà presentata oggi all’Università statale di Milano, la “carta di Milano”, un documento ideato dal filosofo Salvatore Veca e che costituirà l’eredità “immateriale” una volta terminato l’Expo avviato nel 2012 con Laboratorio Expo, poi fatto proprio dalla Fondazione Feltrinelli e cofinanziato da Expo.

Chi firmerà la Carta, nel Padiglione expo dedicato all’Italia o online, si impegna ad “avere cura e consapevolezza della natura” di ciò che mangia, a consumare “solo” quanto gli è necessario e a “donare” quello in eccesso. A evitare lo spreco d’acqua, ad adottare tutti quegli accorgimenti mirati a tutelare l’ambiente, oltre ovviamente da alimentarsi secondo criteri che mirino a tutelare la salute del pianeta.

Il documento “esorta” le imprese a mettere in atto una serie di comportamenti mirati a evitare lo spreco di cibo, valorizzando ” i piccoli produttori locali come protagonisti di una forma avanzata di sviluppo”. Come spiega l’ideatore, Salvatore Veca, la Carta non va intesa come “un accordo tra governi come il Protocollo di Kyoto per l’ambiente, ma un documento che nasce dal basso. Comprende una lista di richieste rivolte ai governi ai quali tocca adottare leggi adatte a rendere effettivo il diritto al cibo, ma anche per la tutela delle risorse naturali, per lo sviluppo di un sistema di commercio internazionale non discriminatorio e basato su regole condivise, in modo da eliminare le distorsioni che fanno coesistere malnutrizione e obesità, la fame cronica e lo spreco di un terzo del totale del cibo prodotto”.

Un elenco di buoni propositi che, si spera, non rimangano lettera morta dopo i fasti e il bagno di folla di “Expo 2015”, e che l’impegno dei legislatori di tutto il mondo di acquisire i principi della Carta di Milano nei propri ordinamenti non rimanga pura utopia. “Gli obiettivi sono ambiziosi, non velleitari. Non escludo che possa essere un flop – conclude Veca nel corso della presentazione della Carta –  ma non poniamo limiti alla provvidenza laica. Il successo è affidato alla capacità della Carta di ottenere consenso a tutti i livelli. Vogliamo guardare ad Expo non come a una mera esposizione ma come alle prove generali per il futuro”.