Torna a parlare la vedova Raciti. Marisa Grasso, la moglie dell’ex ispettore della Polizia Filippo Raciti, morto nel febbraio 2007 a Catania dopo un derby Catania-Palermo caratterizzato da diversi scontri nella zona dello stadio, esprime la sua presa di posizione sulla violenza, fisica e verbale, sempre più dilagante nel mondo del calcio e negli stadi.

Lo ha fatto a margine dell’incontro dal titolo “Vivere lo stadio: una passione a rischio?” in corso all’Università La Sapienza di Roma. La vedova si allinea sostanzialmente al duro attacco dei giorni scorsi targato James Pallotta, presidente della Roma, il quale intende letteralmente disfarsi di una frangia estremistica del tifo giallorosso, poco sana ed incline ad atteggiamenti discriminatori. Lo ha dichiarato senza mezzi termini. La posizione della donna è ancora più dura e meno tollerante, se possibile. Queste le sue parole su cui riflettere: “Io sarei più dura. Chiuderei le porte dello stadio. Chi vuole vedere la partita la vede a casa, ma siamo un paese democratico. Le persone che subiscono e le persone buone sono espressione di civiltà e lasciano agli altri la libertà di scegliere come comportarsi. 

Mi ha fatto male vedere quello striscione contro Antonella Leardi, la mamma di Ciro Esposito. Conosco il dolore e preferirei il rispetto nei confronti dei familiari. Mi è dispiaciuto molto. Qualcosa è cambiato, a distanza di 8 anni, soprattutto nelle misure di prevenzione, in cui c’è più severità. Mentre prima non si accorgevano della gravità della situazione, adesso sono state prese delle misure più severe. A livello culturale è cambiato poco e la cosa è molto preoccupante. Mi terrorizza il pensiero che si possano ripetere fatti che ho già tristemente conosciuto e visto e che ci possano essere altre perdite, come quella di mio marito”.

Lotito, il presidente della Lazio,  è stato uno dei primi a combattere contro una certa parte del tifo e dà, sostanzialmente, ragione a Pallotta: “Sono stato il primo in questo senso. Noi confondiamo i delinquenti con i tifosi. La maggior parte dei tifosi vanno allo stadio con le famiglie, poi c’è una minoranza che viene chiamata tifosi, ma rappresentano sono delinquenti che utilizzano il calcio per la sua grande risonanza mediatica. Noi usiamo il calcio per dissentire su alcune cose. Se voi mi date una persona e la mando dentro casa di qualcuno e spacca tutto, voi lo cacciate. Noi fino ad oggi abbiamo permesso tutto in nome del tifo, ma quello non è tifo. Dobbiamo avere il coraggio di distinguere i delinquenti dalle persone normali. Le persone normali dissentano allo stadio. Una volta per tutte bisogna fare un fronte comune e andare ad individuare questi ambienti conosciuti e limitati. Il problema vero non è che Pallotta ha ragione: è lo sport che ha ragione, non è neache Lotito ad avere ragione”.