Torna in auge il delitto di Garlasco. Alberto Stasi, l’uomo condannato lo scorso dicembre dai giudici della prima corte d’assise d’appello di Milano a 16 anni di reclusione, ha ucciso la fidanzata Chiara Poggi perché ritenuta, da lui stesso, presenza pericolosa e scomoda.
Questo è quanto rivelato dalle motivazioni diffuse quest’oggi dagli stessi giudici. 140 pagine in cui si chiariscono i motivi che hanno portato a quel tipo di sentenza. Di seguito eccone un estratto: “Alberto Stasi ha brutalmente ucciso la fidanzata che evidentemente era diventata una presenza pericolosa e scomoda, come tale da eliminare per sempre dalla sua vita di ragazzo ‘perbene’. La dinamica dell’aggressione evidenzia come Chiara non abbia avuto nemmeno il tempo di reagire, dato questo che pesa come un macigno (…) sulla persona con cui era in maggiore quotidiana intimità. Chiara Poggi è rimasta del tutto inerme di fronte al suo aggressore. Era così tranquilla, aveva così fiducia nel visitatore da non fare assolutamente niente, tanto da venire massacrata senza alcuna fatica, oltre che senza alcuna pietà. E’ stata una motivazione forte a provocare (..) il raptus omicida” che ha portato Alberto ad uccidere Chiara, la sua fidanzata con cui aveva qualche difficoltà. Il movente dell’omicidio è rimasto sconosciuto ma, la scoperta di Chiara della “passione” di Alberto per la pornografia avrebbe potuto provocare discussioni, anche con una fidanzata di larghe vedute.
Alberto Stasi ha parlato di sé come la vittima di un caso giudiziario che lo ha costretto per oltre sette anni a doversi difendere, ma in realtà la sola vittima di questo processo è Chiara Poggi uccisa a 25 anni dall’uomo di cui si fidava e a cui voleva bene. Dopo aver commesso il delitto, la condotta tenuta da Alberto Stasi è stata fuorviante e finalizzata ad allontanare i sospetti dalla sua persona: ha subito sviato le indagini, senza mettere a disposizione degli inquirenti tutto quanto aveva via via interesse investigativo. Stasi è riuscito a rallentare gli accertamenti a proprio vantaggio, anche grazie agli utili errori commessi dagli stessi inquirenti”.