In Emilia Romagna e in Calabria si sono svolte le elezioni regionali per i rispettivi consigli a causa delle vicende giudiziarie, per motivi diversi, che ne hanno coinvolto le assemblee. Il Partito Democratico la spunta in entrambe le regioni, ma il dato che salta immediatamente agli occhi e che dovrebbe smorzare l’enfasi alla segreteria Dem è quello dell’affluenza. In Emilia Romagna, ha votato il 37,7% degli elettori, in Calabria il 44,1%: praticamente poco più di un terzo degli aventi diritto.
In Emilia Romagna si è affermato Bonaccini con il 49,05% dei voti, seguito dal leghista candidato del centrodestra Alan Fabbri che ha avuto il 29,85%. Questi dati, uniti a quello dell’affluenza, mostrano come il PD perda sempre più consensi in una regione storicamente rossa: un risultato frutto anche di una politica nazionale che non è ben vista dai lavoratori, oltre che dello scandalo giudiziario che ha coinvolto l’ex presidente regionale Vasco Errani, condannato in appello per falso ideologico quest’estate; a gongolare per questo risultato è il segretario leghista Salvini che si proclama come “l’alternativa a Renzi”.
In Calabria l’astensione è stata meno pesante, ma non si è raggiunta la metà degli aventi diritto al voto, e le cause sono le stesse che hanno riguardato l’Emilia Romagna, con una lieve differenza: il caso Scopelliti, condannato per abuso e falso, ha fatto sì che il candidato PD Mario Gerardo Oliviero abbia raggiunto un il 61,53%, contro il 23,61% di Wanda Ferro, strappando la presidenza alla coalizione rivale.
Ad avere la peggio in entrambe le regioni è stato il M5S, che sembra quasi sparito dal panorama elettorale; l’astensionismo ha colpito principalmente il movimento di Grillo. Il “popolo della rete” sembra aver tradito il suo condottiero restando a casa in questa tornata elettorale: forse si aspettavano qualche azione in più contro quello che accade a livello nazionale?
Andrea Zampini