Fatto 30 la Roma fa 31, ma la festa è degli altri. Del Torino, capace di raggiungerla sull’ 11 con il romanista Cerci, fermando il suo record a 10 vittorie iniziali, e soprattutto della coppia JuveNapoli che si riavvicina a 3. Prima o poi la squadra di Garcia doveva fermarsi e probabilmente non è un caso che ciò accada nella sera in cui manca Castan, uno dei segreti della difesa meno battuta, oltre a Totti e Gervinho. La rabbia sprigionata nel finale fa capire che la capolista non sta finendo la benzina dell’entusiasmo, ma intanto occhio al calo delle ultime tre partite in cui non ha segnato più di un gol, come invece le era sempre successo nelle otto precedenti. Gli applausi al Torino si aggiungono a quelli altrettanto meritati alla strana coppia InterVerona, protagoniste di un campionato delle tre più tre, a due velocità, con la Roma e le prime due inseguitrici in corsa per lo scudetto e un posto in Champions, mentre alle loro spalle soltanto Inter, Verona e Fiorentina possono sperare come minimo in un biglietto per l’altra Europa. Dietro c’è il baratro, perché la prima delle non elette, la Lazio sconfitta in casa dal Genoa, è settima a 15 punti, ma soprattutto a 6 dalla Fiorentina e addirittura a 16 dalla Roma. Ciò non toglie nulla, ovviamente, ai meriti delle prime sei, a cominciare dalla freccia giallorossa di Garcia, malgrado la frenata sul campo del Torino. Per rendere l’idea dell’eccezionalità del suo primato, basta ricordare che la Juventus ha gli stessi punti di un anno fa, malgrado avesse appena perso contro l’Inter cui porta bene, evidentemente, giocare in trasferta contro una squadra bianconera il 3 novembre. Da quel 31 a Torino, al 30 di ieri a Udine sembra trascorso un secolo, perché nel frattempo l’Inter è passata da Stramaccioni a Mazzarri, che non ha soltanto il compito di ricostruire psicologicamente una squadra precipitata dal secondo posto di dodici mesi fa al nono di fine campionato. Gestire lo spogliatoio in un momento unico nella storia dell’Inter, con un’inedita staffetta al vertice della società tra un grande presidente come Moratti e uno sconosciuto imprenditore indonesiano è un’impresa che vale uno scudetto. Eppure Mazzarri ci sta riuscendo, isolando e compattando la squadra che risponde con una grande partita a Udine dove la Roma, la settimana scorsa, aveva faticato molto di più per infrangere un’imbattibilità casalinga che durava da 22 partite. A dimostrazione del fatto che per vincere non è indispensabile schierare due o più attaccanti, malgrado manchino Milito, Icardi e Belfodil, l’Inter aggredisce gli avversari con il solito Palacio, con Guarin come inedita spalla e le incursioni di tutti i centrocampisti, compreso il rigenerato Cambiasso. E più della notizia del miglior attacco, con 11 marcatori come la Roma dopo la rete di Ranocchia, ma con 2 gol più della capolista, il 30 di Udine restituisce una difesa finalmente imbattuta dopo 6 partite. Come suggerisce la classifica, i complimenti a Mazzarri vanno estesi a Mandorlini, capace di rilanciare il campione del mondo Toni, simbolo del sorprendente Verona che contro il Cagliari infila la sesta vittoria iniziale consecutiva in casa. Non era un caso, quindi, quel successo all’esordio sul Milan, bensì il «promo » di due campionati opposti, visto che i rossoneri hanno gli stessi punti di un’altra neopromossa, il Livorno: da dove arriva, e rischia di tornare presto, Allegri. Perché ripensando agli ultimi sforzi nel deserto di Kakà, quello in partenza per Barcellona sembra un Milan da Ricky e poveri.