Dal gennaio del 2014 ci sarà un aumento di accise su alcol e tabacchi per finanziare la cultura e il tax credit del cinema. La notizia è dei giorni scorsi, ma sembra che la fame di tasse dello Stato non sia destinata ad accontentarsi. Su più fronti si sta infatti lavorando per trovare il modo di alzare il gettito proveniente dal fumo e dai suoi derivati. Mentre sul fronte del fatturato, stando a dati Nielsen, il 2013 in Italia dovrebbe chiudersi con una riduzione delle quantità vendute pari al 7% del mercato tricolore. Chi ci governa non può però permettere che per via della crisi e del calo del numero di pacchetti venduti ci sia anche un logico e conseguente calo di gettito. Visto che non si fanno mai tagli alla spesa, lo Stato ne vorrebbe sempre di più. Anche se, come è accaduto per le imbarcazioni e il trading finanziario, si rischia che un ritocco delle imposte finisca con il causare proprio l’effetto opposto. La pezza peggio del buco. Cioè, meno tasse per l’Erario. Una delle ipotesi al vaglio (ancora allo stato embrionale) del governo sarebbe quella di ritoccare l’intero sistema di calcolo delle accise sul tabacco. Proprio come è avvenuto lo scorso anno in Grecia su imput del Fmi. Allo stato attuale il prelievo delle accise sui singoli pacchetti avviene in modo proporzionale e dunque finisce con l’impattare allo stesso modo sui marchi più cari e su quelli più economici. Alzare l’asticella del valore medio di prelievo o addirittura passare al prelievo fisso causerebbe (è successo in Grecia) di fatto un livellamento dei prezzi. Con la probabile conseguenza che i pacchetti low cost si troverebbero in tabaccheria con prezzi anche di 50/70 centesimi superiori. In sostanza verrebbe azzerata la cosiddetta guerra dei prezzi. Ma siamo sicuri che ai cittadini italiani possa fare piacere? In fondo più le aziende si fanno la guerra commerciale, maggiore è il libero mercato. Senza contare che la rivoluzione fiscale nel mondo del tabacco potrebbe alla fine non portare alcun beneficio per le tasche dello Stato. In un recente studio della Luiss (La tassazione del tabacco: valutazione degli impatti sul mercato legale di possibili cambiamenti di struttura impositiva) si legge che «sia l’incremento dell’accisa totale dal 58,5 al 59% che la fissazione dell’accisa al 100% del Wap (prezzo medio ponderato, ndr) risulterebbero nel prossimo triennio con l’essere penalizzanti in termini di gettito erariale rispetto alla status quo». In poche parole, l’università romana di Confindustria scrive che per le casse pubbliche sarebbe meglio non toccare, né alzare le tasse, ma semplicemente limitarsi a combattere il contrabbando. Che da solo erode una buona fetta di gettito. Ma chissà se mai potrà avvenire. Bisognerebbe una volta per tutte cambiare un’intera cultura statalista che ci ha portati a una pressione fiscale superiore al 54% del Pil.