STREAMING TORINO-JUVENTUS E DIRETTA LIVE – Potevano diventare compagni appena due estati fa, di sicuro non avrebbero mai pensato di trovarsi di fronte per la prima volta nel primo derby di Torino all’ora di pranzo. E invece il destino ha riservato un curioso incrocio a Carlos Tevez e Alessio Cerci. Tutti gli occhi della città oggi alle 12.30 si concentreranno su di loro, i bad boy della Mole. Ma anche i ragazzi d’oro delle due squadre, in campo e nei bilanci (4,5 per l’argentino, appena 800 mila euro per il romano, ma comunque i più pagati delle rispettive società). Da una parte il top player della Signora, dall’altra il capocannoniere della Serie A in maglia granata. In poche settimane hanno cancellato lo scetticismo estivo di tanti. E hanno rilanciato le rispettive carriere, precipitate a pochi mesi una dall’altra. Nell’estate del 2011 erano stati vicinissimi, con il Manchester City di Mancini – e dell’Apache capitano – pronto a strappare alla Fiorentina l’ “Henry di Valmontone”. Ma l’affare saltò all’ultimo. Pochi mesi dopo l’Apache rifiutava di entrare in campo a Monaco e finiva fuori rosa. Ancora qualche mese e il romano avrebbe fatto quasi altrettanto: compleanno in ritiro finito tra gli eccessi e addio ai viola. Da lì, per entrambi, la risalita: dopo il corteggiamento del Milan, Tevez è riuscito a ottenere il perdono di Mancini. Cerci con Ventura (già suo maestro al Pisa) ha conquistato applausi, Nazionale e sfiorato nell’ultimo calciomercato il passaggio in rossonero. L’Apache sempre più simbolo del riscatto dei barrios argentini, l’azzurro anima dei sogni della Torino calcistica più sofferente. Quella che non vince un derby da 18 anni ma vive l’entusiasmo della miglior partenza delle ultime 20 stagioni. Merito della nuova posizione da seconda punta da Ventura (Cairo era scetticissimo) per il suo pupillo dopo la bocciatura in Confederations Cup come attaccante esterno: il risultato fino a ora sono cinque gol come Pepito Rossi. Un record per un giocatore che non ha mai finito in doppia cifra un campionato di A (8 reti il massimo). E un bottino da incrementare con Immobile, compagno d’attacco in comproprietà proprio con i bianconeri. «Sono contento per Alessio, perché per tre mesi ho letto che lui non poteva giocare da seconda punta», la rivendicazione del tecnico granata dopo le critiche preventive dell’estate, «abbiamo grande rispetto per la Juve, ma timore mai. Vogliamo provare a vincere un derby, c’è più consapevolezza e maturità. D’altra parte il derby è una cosa a sé, non si dice così?». Lo è di sicuro per Tevez, già ambientatosi a meraviglia (4 gol in 7 apparizioni) e “specialista” delle stracittadine: cinque reti sulle due sponde di Manchester; una a Londra in West Ham-Tottenham; ancora prima i dispiaceri dati al Palmeiras con la maglia del Corinthians; e soprattutto il mitico gol al River Plate nella semifinale della Libertadores 2004 vinta con il Boca. Una gioia festeggiata con l’imitazione di una gallina che gli costò l’espulsione. L’unica novità per Carlitos potrebbe essere il compagno di reparto: Giovinco (Vucinic ha dolore al tallone). «Nel derby oltre all’organizzazione e i valori tecnici servono rabbia e cattiveria », ricorda Conte che pensa a un turno di riposo per Pirlo con Pogba regista (ma non dà indizi in conferenza stampa), «le statistiche non parlano di una Juve disastrosa, fosse così su sei partite non ne avremmo pareggiate due e vinte quattro. Ma dopo due anni di vittorie può accadere che si possa pensare di vincere una partita prima di scendere in campo». Se Antonio Conte e Giampiero Ventura, oggi nemici nel derby, sono diventati i condottieri di Juventus e Torino, un po’ di merito ce l’ha Giorgio Perinetti. È stato l’attuale ds del Palermo a lanciare (o rilanciare, nel caso di Ventura) i due tecnici ai tempi del Bari, dove è stato dal 2007 al 2010. Giorgio Perinetti, lei, con Conte e poi Ventura, scelse di portare al Bari due allenatori reduci da due esperienze negative, culminate con la retrocessione. «Sono state due scommesse. Conte lo ingaggiammo a fine 2007: un leccese a Bari. Non era riuscito a salvare l’Arezzo, ma sapevo quali erano le sue idee perché lo avevo conosciuto come giocatore e come secondo di De Canio a Siena.