«Tutti devono essere rispettati», si è affrettato ad ammonire Valerio di Bussolo, responsabile italiano delle relazioni esterne di Ikea. Non senza aggiungere, subito dopo, uno spottone pro domo sua che ha permesso di cogliere le profonde motivazioni ideali da cui è stato mosso: «In Ikea stessi incentivi alle famiglie uomo- donna o gay». Al dirigente della multinazionale svedese hanno fatto eco, sempre con il non dichiarato ma palese intento di rimpinguare le casse, noti marchi specializzati nella produzione di pasta come Buitoni e Garofalo, e tutto lascia credere che nelle prossime ore le file dei maramaldi di Guido Barilla siano destinate a ingrossarsi. Quando poi il primo a nominare la fatidica parolina, «rispetto», è stato proprio Barilla, il quale, espressa una legittima convinzione durante la trasmissione radiofonica «La zanzara» («Non metterei mai in una nostra pubblicità una famiglia gay perché siamo per la famiglia tradizionale»), ha precisato di non aver voluto offendere nessuno e di coltivare «il massimo rispetto per i gay e per la libertà di espressione di chiunque». Precisazione che in un mondo meno ipocrita non sarebbe stata necessaria, talmente è ovvio che operare un civile distinguo tra «famiglia tradizionale» e «famiglia omosessuale» non significa affatto mancare di rispetto ai gay (semmai, all’opposto, significa prenderne sul serio le istanze), e che però nell’Italia – anzi, nell’Occidente – di oggi è non solo richiesta ma si rivela pure inutile, perché ciò che si pretende non è il rispetto, anche se gli si dà tale nome, bensì un conformismo ottuso e – come abbiamo visto – sovente interessato. Di questa dilagante e funesta doppia morale, peraltro, all’Ikea sono degli autentici campioni: adesso che non costa nulla (anzi conviene, in termini economici e d’immagine) dispensano infatti lezioni di uguaglianza, ma nel recente passato si sono resi protagonisti di odiose censure politically correct. Dapprima hanno rimosso dalla versione russa del proprio sito una foto-tributo alle Pussy Riot (le ragazze punk incarcerate da Putin) ritraente quattro giovani incappucciati seduti su dei divani. Quindi hanno eliminato dal catalogo cartaceo destinato all’Arabia Saudita tutte le immagini di donne, cancellandole ex post con metodo staliniano. Dunque chi è, tra Guido Barilla e l’Ikea, il coraggioso, l’anticonformista, quello disposto a pagare un prezzo per le proprie idee? Le persone intellettualmente oneste sanno benissimo qual è la risposta giusta.