Scendono in campo i Nobel, gli artisti e i sindacati contro Guido Barilla, colpevole di preferire la famiglia naturale per far pubblicità ai suoi maccheroni. A proseguire il linciaggio ci pensa Roberto Vecchioni, che bolla apertamente come «povero cretino » l’industriale. Per finire all’indice basta non pensarla come una minoranza rumorosa. Un metodo giacobino e intimidatorio che impone di considerare le unioni omosessuali alla stregua di una famiglia formata da un uomo e una donna. Chi sostiene idee diverse, avverte il cantautore milanese, propaga «tesi inconsistenti che non so se fanno ridere o piangere ». Si dice perfino meravigliato. «Conosco la famiglia Barilla, emi sembra strano che possano avere questo tipo di opinione». Siamo già al controllo sociale capillare sul modello dei comitati della rivoluzione cubani: condominio per condominio, nucleo per nucleo, schedano, registrano e riferiscono al partito i pericolosi dissidenti, meritevoli di repressione. In questo caso, si fa appello non tanto alla lobby gay, quanto alla volontà generale. Il metodo è quello della rieducazione, come ai tempi in cui i collettivi prendevano possesso delle fabbriche in nome del supremo interesse del proletariato. Non poteva mancare il sindacato rosso che, sotto la sigla della Flai Cgil, la Federazione Lavoratori AgroIndustria, va all’attacco: «Barilla rappresenta un patrimonio per il Paese che non può essere buttato a mare a causa delle sciagurate dichiarazioni del Presidente pro tempore». Quindi, dichiara il suo segretario nazionale Mauro Macchiesi, «il boicottaggio dei prodotti non danneggia Guido Barilla, che ha le sue fortune, bensì danneggia chi lavora negli stabilimenti, chi trasforma e confeziona i prodotti e quanti forniscono le materia prime ». Manca poco all’esproprio in nome dei superiori interessi della classe operaia. Il manifesto politico sulla pastasciutta c’è già. Ne è autore nientemeno che Dario Fo. Lo scrive sotto forma di lettera aperta al nemico del popolo: «La pasta è sinonimo d’Italia, di casa e di famiglia. Per tutti. Ecco: oggi il nostro Paese è fatto di tante famiglie unite solo dall’amore delle persone che ne fanno parte». Il paradosso per cui si pretende di insegnare cos’è la pasta proprio a Barilla suona ironico. Ma si va oltre, con una lezione sui sentimenti: «Amore – scrive il Nobel per la letteratura – che non è in grado di discriminare, che non ha confini: e l’amore, in tutto il mondo, può nascere tra un uomo e una donna, due donne, due uomini. Sull’amore si fonda una famiglia, quella che la vostra azienda racconta nella sua comunicazione. Sull’amore si fonda una casa». Sulle prime lo blandisce. «Ecco Guido: la sua azienda rappresenta l’Italia: nel nostro Paese e in tutto il mondo. Un’Italia che è fatta anche di coppie di fatto, di famiglie allargate, di famiglie con genitori omosessuali e transgender. Ecco perché le chiedo di cogliere questa occasione e di ritornare allo spirito di quegli spot degli anni ’50 dove io stesso interpretavo uno spaccato della società in profondo mutamento». La linea ideologica è dettata. Si tratta solo di imporre l’ortodossia. Perciò «mi appello a lei, caro Guido – conclude -, perché ha modo di ridare all’Italia di oggi la possibilità di rispecchiarsi nuovamente in uno dei suoi simboli e alla sua azienda di diventare ambasciatore di integrazione e voce del presente. E chiedo quindi che lo faccia con le prossime campagne pubblicitarie del gruppo Barilla, dove la famiglia potrà finalmente essere rappresentata nelle sue infinite e meravigliose forme di questi nostri tempi». Quell’inganno sessantottino per cui tutto è politica, ora penetra anche nel piatto, in sala da pranzo. Una sola voce, quella di Stefania Prestigiacomo, esponente di Forza Italia, chiede che «si plachi il furore ideologico» e giudica «assurdo e irresponsabile pensare di boicottare uno dei marchi italiani più rappresentativi in un momento di crisi come questo». Fra l’altro, «Barilla ha detto di essere favorevole alle unioni di fatto». Come se fosse un titolo di merito.