Una telefonata potrà anche non allungare la vita, ma di sicuro può cambiare una partita. Quando Rudi Garcia era al cellulare in panchina, durante la trasferta della sua Roma a Livorno, non stava ordinando una pizza, né chiedeva alla moglie cosa ne pensasse del film visto la sera prima: stava parlando con Frédéric Bompard, i suoi «occhi » in tribuna. Bompard è più di un allenatore in seconda: guarda la partita dall’alto («da lì si vede meglio l’organizzazione tattica »), prende appunti e all’intervallo si consulta con Garcia. Il prefetto del pretorio e l’imperatore: «Il nostro è uno scambio di opinioni e siamo sempre d’accordo sulle cose successe nel primo tempo», rivela Garcia. A ridurla così, sembra una cosa da poco. E invece il successo della Roma si basa proprio su questo. Nei primi tempi la Roma non ha mai segnato un gol: se le partite finissero dopo 45 minuti, i giallorossi si troverebbero all’incirca in zona retrocessione. Nell’intervallo si studia qualche accorgimento, si programma qualche sostituzione e improvvisamente la musica cambia: la Roma dei secondi tempi è una creatura famelica, in grado di segnare ben dodici gol.Merito dei cambiamenti in corsa, come l’inserimento di un giocatore offensivo (Gervinho a Livorno e Parma, Ljajic contro Verona e Lazio, Totti a Genova), il varo di diverse soluzioni tattiche (anche per questo la Roma è andata a segno con nove giocatori diversi) o la scelta di un diverso modo di attaccare gli avversari (tirare da fuori area, come a Livorno, o allargare il gioco sulle fasce, come nel match contro il Verona). Cambiamenti suggeriti, manco adirlo, da Bompard la vedetta. «Vedendo Fred, con quei capelli lunghi e quei pettorali, ci si chiede chi sia quel personaggio un po’ rustico. Ma se lo conosci, sai che è davvero un bravo ragazzo », Rudi Garcia dixit. Effettivamente, a vederlo, questo cinquantenne francese, che appare un ibrido tra Gérard Depardieu e Javier Bardem, sembra sbucato fuori da qualche film western, uno di quelli con il viso bruciato dal sole che picchia sui canyon e con la mano perennemente sulla fondina. Niente di tutto ciò: Bompard nella vita ha sempre avuto a che fare con il calcio, prima come portiere in patria (pur senza mai debuttare nella massima serie), poi come prepatore dei portieri e vice allenatore. In mezzo, un’esperienza da commentatore a Canal Plus: proprio lì, dodici anni fa, Bompard e Garcia sono entrati in contatto. Per non lasciarsi più: il primo tecnico francese nella storia della serie A si è portato Bompard ovunque è stato, dal Digione al Lilla, fino alla Roma, dove aveva minacciato di far saltare tutto se al suo fianco non ci fossero stati i suoi due collaboratori più stretti (l’altro è Claude Fichaux, che si occupa della difesa, la meno battuta del campionato). Dopo anni di lavoro fianco a fianco, Garcia e Bompard sono diventati amici, ancor prima che colleghi. Spesso si trovano insieme per mangiare, anche se il tecnico romanista ammette di non essere molto ferrato ai fornelli, a dimostrazione che il calcio non è l’unico collante a tenerli uniti. Ormai basta uno sguardo per capirsi («Quando comincio una frase, quasi sempre la conclude Rudi…»): se la loro intesa nel lavoro funziona come nella vita, per gli avversari di questa Roma prima in classifica non c’è da stare molto tranquilli…