Un francese custode della “chiesa” di Roma, uno spagnolo re di Napoli: la serie A scrive la storia del contro-Risorgimento pallonaro. Prime a punteggio pieno – prima volta in assoluto per due squadre al di fuori della solite note (Juventus, Milan e Inter) – le ribelli del Sud si godono il battesimo della grandezza: la caduta di San Siro ai piedi degli azzurri dopo 27 anni, ma soprattutto il ritorno nelle mani giallorosse del derby. Tuttavia, se l’impresa di Benitez non sorprende più di tanto per blasone dei giocatori e del tecnico partenopei, fa invece scalpore il tocco taumaturgico di Rudi Garcia sulla Roma. Il figlio di un calcio “minore” come quello transalpino ha cancellato in un colpo solo le follie dell’ultimo biennio. Nessuna rivoluzione, solo il ritorno alle basi: un solo gol subito finora (erano stati 56 l’anno scorso, 54 nel 2011/12) e 10 messi a segno. Meglio del tiqui-taca a difesa altissima di Luis Enrique. Meglio del calcio spettacolo di Zeman col paradosso Goicochea tra i pali. Garcia ha rimesso ogni cosa a suo posto. E «la chiesa al centro del villaggio», come ha sottolineato nel post derby con un efficacissimo detto francese. Ora la squadra sa difendersi e poi cambiare marcia; Totti, leader in campo, non è più indispensabile in fase realizzativa; De Rossi è tornato nel cuore del gioco e dello spogliatoio: questi i segreti della rivoluzione semplice di Rudi, che getta anche una luce diversa sull’intero progetto della Roma americana. Poca filosofia, tanta concretezza – come lo scommettere sulla stanchezza della Lazio per l’Europa League – e soprattutto fiducia incondizionata in un gruppo criticato fin troppo nei singoli. Come raccontano le lacrime liberatorie di Balzaretti. «La squadra sta diventando una cosa bella», la sintesi di De Rossi (protagonista di un gestaccio dopo il gol annullato a Klose). «Garcia? Ho capito che c’era qualcosa di interessante da scoprire su di lui quando ha difeso Osvaldo. Anche i sassi sapevano che voleva andare via, ma lui si è preso la responsabilità di difenderlo ». Ed è arrivato il primato in classifica che mancava da quel maledetto incrocio nel 2010 con la Sampdoria, avversaria già domani sera: «Per fortuna torniamo subito in campo», scherza Capitan Futuro. «Ora sono romanista», è stata la prima concessione ai tifosi da parte di Garcia, tecnico esperto e vincente perché capace innanzitutto di distaccarsi dall’ambiente. E pronto a tornare subito alla realtà: «Dobbiamo restare umili, l’obiettivo è entrare nei primi cinque posti». La stessa filosofia dell’altro straniero che sta surclassando i colleghi italiani, Rafa Benitez: «Ho detto che eravamo al 72%? Ora siamo al 73%», la professione di umiltà dello spagnolo dopo la conquista di Milano. L’orologio della storia sembra scorrere al contrario: lo farà anche quello dello scudetto?