All’11° round Floyd Mayweather si è fermato e messo in posa per i fotografi. Roba di qualche istante, come fosse il sigillo per un match dominato dall’inizio alla fine. Così, anche Saul Alvarez detto Canelo (cannella, per il colore rossiccio dei capelli), il giovane e imbattuto (43 match) guerriero messicano che pensava di essere già un fenomeno (campione Wba e Wbc dei superwelter), ha rimediato una lezione di boxe. Da pretendente al trono del pugilato a semplice numero: 45a vittima del maestro Floyd. Come avere davanti una zanzara a cui sferri fior di schiaffoni, ma non l’acchiappi mai e quella continua a ronzarti nelle orecchie. Frustrazione L’incontro lo ha descritto bene proprio lui, Canelo, subito dopo l’ultimo gong: «Non sono mai riuscito a prenderlo, non sapevo come prenderlo. Poi ti viene la frustrazione e hai chiuso». Ha incassato per dodici round combinazioni pungenti, il doppio dei suoi pugni arrivati a bersaglio (232 contro 117). Cazzotti che fanno punti sui cartellini, più che farti male. Ma questo è il MayweatherStyle: insomma, la nobleart come prevista dai manuali, a cui, a volte, manca la spettacolarità di un k.o. Comunque sia, da anni nessuno fa i suoi ascolti in tv (9.6 milioni di acquisti in tv e 543 milioni di dollari, escluso il match di sabato) o porta in platea a Las Vegas una lunga lista di vip come la sua. L’unico brivido lo ha dato la lettura del verdetto: vittoria maggioritaria (solo la seconda volta in carriera). Uno dei tre giudici ha visto il pari (114114), mentre gli altri non hanno avuto dubbi (116112 e 117111). Per noi il successo era persino più limpido: 119110. «Controllo il mio lavoro sul ring, non quello dei giudici», la risposta seccata di Floyd. Una stizza che si è fatto passare alla svelta, perché parlare male del sistema non conviene. Come denigrare il rivale di turno: svaluterebbe il proprio lavoro. Così, pochi minuti dopo il trionfo e i 41 milioni di dollari di borsa messi in banca (nuovo record alltime), era già a lavoro per il futuro. Perché l’unico momento in cui deve davvero rimboccarsi le maniche è quando deve scegliere l’avversario. Quelli forti li ha già battuti o mandati in pensione tutti, a parte Manny Pacquiao. Vecchiaia Gli mancano quattro match dei sei previsti per concludere il contratto faraonico con Showtime che gli garantisce 200 milioni. Vuol fare in fretta e per questo anche nel 2014 combatterà a maggio e settembre. Si fa il nome di Danny Garcia, campione imbattuto dei superleggeri, che poco prima di Floyd ha convinto contro l’argentino Matthysse. «Ha fatto un ottimo match, è bravo. Chissà», rimane vago Mayweather. Mentre il geniale Richard Schaefer, ex banchiere svizzero e guru finanziario di Floyd, spiega: «Organizzeremo un altro grande match. Ma chiunque farà una brutta fine». Happy Ending, ma solo per lui. Tutti convinti che a 36 anni l’unico in grado di batterlo sarà Father Time, la vecchiaia.