Tra le 500 e le mille tonnellate cubiche di aggressivi chimici. È la forza di cui dispone la Siria, Paese che, dal 1983, avrebbe acquistato in vari Stati europei, fra cui Germania e Inghilterra, quanto necessario per allestire, con l’assistenza tecnica di Mosca, uno degli arsenali tossici più avanzati al mondo. Il cui uso contro i ribelli, durante la guerra civile in corso dal 2011, è stato denunciato in una ventina di occasioni. Ma ora, proprio attraverso Mosca, potrebbe andare a segno l’iniziativa diplomatica che eviti l’attacco Usa a Damasco. Assad ha infatti accettato la proposta russa di mettere sotto controllo internazionale il suo bacino, che include il gas nervino sarin e l’iprite (gas vescicante), primo passo verso lo smantellamento. «Siamo pronti ad annunciare dove si trovano le armi chimiche, a cessarne la produzione e a mostrare i laboratori », promette il ministro degli Esteri di Damasco, Walid al Muallem. Complicato Il presidente Usa Barack Obama, che nella notte ha parlato al Paese, è d’accordo a discutere la proposta russa, sospendendo momentaneamente l’opzione militare. Sulla scena diplomatica però è scontro. La Francia ha proposto al Consiglio di sicurezza dell’Onu, la cui riunione di ieri è slittata, una risoluzione in cui si chiede di imporre a Damasco tempi precisi, si attribuisce al governo di Assad la responsabilità dell’attacco chimico del 21 agosto e si chiede che i responsabili vengano consegnati al Tribunale Internazionale. La Russia considera «inaccettabile » questa risoluzione, anche perché rientra sotto il Chapter 7 della Carta delleNazioni Unite, che consente l’uso della forza per far rispettare quanto stabilito. Il piano di Mosca «ha senso solo se gli Usa non attaccano la Siria», dice il leader russo Vladimir Putin: per i russi, se Damasco non compie quanto richiesto, bisogna intervenire in modo pacifico. Diabolica Gli Usa, dal canto loro, vogliono evitare «tattiche dilatorie»: «Ci deve essere una risoluzione vincolante dell’Onu », detta il segretario di Stato Usa John Kerry, altro aspetto su cui Mosca non sembra in sintonia. La diplomazia può comunque salvare Obama, che non dispone in Senato dei voti necessari per dichiarare guerra, passo condiviso solo dal 28% degli americani. Resta lo scetticismo della variegata opposizione ad Assad e di Israele («La Siria è inaffidabile»). Mentre un esperto di armi, il francese Olivier Lepick, definisce la trattativa «diabolica. Per distruggere gli agenti chimici servono dieci anni buoni