Bastano due giorni di finali in questi Mondiali per capire che l’Italia è formalmente attaccata ancora una volta e soltanto al suo totem. Formalmente, avverbio che accompagna il debutto di Federica Pellegrini nelle gare individuali, con quei 200 stile che oggi vivranno batterie e semifinali e che sino a Londra erano una delle nostre poche certezze. Lei è ancora iscritta nell’ultima delle eliminatorie, la stessa che vedrà al via anche Camille Muffat, ma è facile immaginare che in realtà ci sarà la sola Alice Mizzau che con lei divide la camera e che come obiettivo realistico ha quello di centrare la semifinale ma nulla più. Eppure servirebbe come il pane un po’ di Pellegrini in acqua, soprattutto dopo averla vista veloce e pimpante in staffetta, soprattutto dopo i due schiaffi presi dal meglio dei restanti azzurri che l’Italia portava al Palau Sant Jordi con speranze concrete di medaglia, nemmeno del metallo più povero. Respinto con perdite Fabio Scozzoli, rimandata a miglior occasione Ilaria Bianchi: uno zero che rischia di mettere molta più pressione sulle spalle degli altri anche se poi si riassumono quasi solo nella Fede nazionale. INVOLUZIONE L’involuzione di Scozzoli è la nota peggiore della giornata. Sino adunmeseda Londra 2012, pur tarando le sue logiche ambizioni con una concorrenza che nei 100 rana resta fortissima, era presente e futuro del nostro nuoto al maschile ma oggi non si ritrova, in primis con se stessomaanche conchi locirconda. E lo ha fatto capire una volta uscito dalla vasca con un quinto posto che nulla gli sposta in carriera, che ricalca troppo da vicino quanto successo un anno fa e che soprattutto per soli 5 centesimi lo ha buttato giù dal podio. Sprenger e Van de Burgh, entrambi sotto i 59” mai nuotati dall’emiliano, oggettivamente erano imprendibili, ma Lima se ne torna a casa con il bronzo ampiamente alla sua portata. Fabio abbozza ma non sa spiegare: «Credevo di aver fatto bene, evidentemente la condizione non è come pensavo. Ho accusato molto la doppia gara di ieri (domenica, ndr), in questa stagione abbiamo lavorato molto sulla tenuta e sulla resistenza ma evidentemente non è bastato, perché ora non sto nemmeno in piedi». CHANCE SPRECATA Frasi sinistramente simili a quelle che Ilaria Bianchi, sesta nella finale dei 100 farfalla dalla quale si attendeva, come speravano nel clan azzurro, molto di più: «Sono passata troppo forte ai 50, non sono riuscita a cambiare marcia anche perché non sapevo che tempo potevo avere nelle braccia». A volerle interpretare bonariamente, sono parole di chi è deluso da quella che poteva essere un’occasione e si è trasformata in un rimpianto. Resta però il fatto che l’Italia da tempo non è più una squadra ma sta perdendo anche quei pezzi di individualità sui qualipotevacontare nel recente passato, quando accanto alla Pellegrini c’era pure la Filippi e tanto ci doveva bastare. Mancano i talenti (a meno che il 18enne Paltrinieri non ci stupisca già negli 800 o nei 1500), che esplodono e poi implodono troppo in fretta, ma c’è anche un problema di programmazione e forse pure di tecnici. Perché anche qui ci sono stelle che sbocciano o si confermano, come la lituana Ruta Meilutyte, che a 16 anni nelle semifinali dei 100 rana ha polverizzato il primato mondiale scendendo a 1’04”35”, 10 centesimi meglio della Hardy quattro anni fa. Quando ancora l’Italia metteva la testa fuori dall’acqua.