Che sia vero oppure falso, ancora non è dato saperlo. La Mobile di Roma da due giorni è al lavoro per accertare la veridicità di quanto denunciato, sulla piazza internauta, dalla ex fidanzata del cantante Massimo Di Cataldo. I poliziotti passano ai raggi X le immagini raccapriccianti finite su Facebook: l’atlante delle facce che tutti cercano di esibire dal loro lato migliore. Tutti eccetto Anna Laura Millacci, donna abbandonata e dichiarata vittima di una barbara violenza domestica, capace di trasformare il social network più frequentato in una rassegna delle facce spaccate. E anche in un pericoloso strumento di vendetta nei confronti del cantante, suo fidanzato per 13 anni, nonché padre della loro bambina. «L’HO AMATA TANTO» Lui nega con ostinazione di essere stato l’autore del pestaggio di cui lei invece lo accusa via web. Grida alla farsa e annuncia battaglia avvocatesca. Anna Laura Millacci, sotto il polverone sollevato dalla deflagrazione del loro rapporto che un tempo sembrava di amore, tira fuori una giustificazione e dichiara: «Ho usato il sistema virtuale e non sono andata a denunciare le botte alle forze dell’or – dine per rispetto di nostra figlia». Come se la polizia, davanti alla sua faccia pestata circolante su tutta la rete (insieme con un grumolo di sangue fotografato dentro a un lavabo e che lei sostiene essere un feto), fosse rimasta guardare senza alzare un dito. Lui, il cantante sotto accusa, intanto torna prepotentemente sotto ai riflettori. Non certo per il suo pop, quanto per questa brutta storia rimbalzata sui media. E chiarisce, Massimo Di Cataldo, di non voler usare gli stessi metodi adottati dalla ex che ha «amato tanto». Peccato che, di nuovo su Fb, si lancia a ringraziare chi crede alla sua versione e non a quella, rivoltante, di lei. «Alcune persone già mi condannano pur senza un contraddittorio », dibatte il cantante romano, «altre mi stanno sostenendo e sono loro grato con tutto il cuore». Anche lui prima che davanti alle forze dell’ordine, si difende via web: «Io non ho fatto nulla di ciò per cui vengo accusato, credetemi», implora. E che gli internauti sappiano: «Ho amato questa donna per tanti anni, al punto anche di annullarmi per lei, e oggi non la riconosco più, visto che, con tanta sconsideratezza, ha messo in scena questa farsa». Assicura di non volersi difendere «usando gli stessi mezzi che lei ha usato per umiliarmi pubblicamente… (lo devo a mia/nostra figlia) lealmente voglio difendere la dignità di una persona che per la sua ambizione e per le sue aspirazioni egoistiche ha inscenato tutto questo». LAVORO E DIGNITÀ Insomma: la presunta pestata mette in rete le foto dell’aggressione invece che rivolgersi alla polizia; dice «per non danneggiare la figlia». Il presunto aggressore ripudia l’uso di Fb come mezzo per screditare il prossimo e raccomanda a tutti di non farne un uso spregiudicato. Però cede alla tentazione e posta il suo lungo messaggio: «Ora il mio lavoro, seppur compromesso da questa vicenda, viene dopo. Prima c’è la mia dignità di uomo». Da difendere su Fb. I risultati delle indagini degli inquirenti possono attendere. C’è l’al – tante della facce per chiarire. Anzitutto.