Attualmente lo utilizza circa il 30% degli italiani per accedere a una serie abbastanza cospicua di sconti e prestazioni sociali, dagli asili nido agli assegni familiari, dalla social card all’università. Ma presto l’elenco delle agevolazioni e dei servizi legati al «riccometro» potrebbe allargarsi alle bollette, ai libri scolastici, al reddito di cittadinanza e all’assistenza sanitaria. Senza contare l’Imu, su cui il governo sta studiando rimodulazioni sulla base della capacità reddituale delle famiglie. Di fatto, quello che nei documenti ufficiali viene chiamato Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) si appresta a diventare un biglietto da visita intorno a cui ruoterà non solo gran parte del welfare dedicato alle famiglie, ma anche gran parte dell’imposizione fiscale. Questo, almeno, è l’obiettivo legato al restyling dell’indicatore, che finora non ha brillato per efficacia. Per tentare di mettere all’angolo i furbetti delle agevolazioni, nel calcolo dell’Isee fanno il loro ingresso parametri aggiuntivi riguardanti il patrimonioelo statodi famiglia. Mentre le autocertificazioni lasceranno spazio ai dati provenienti dalle banche dati delle amministrazioni. Per essere chiari, chi dichiara un basso reddito,ma possiede ville, barche o auto di lusso potrà scordarsi le prestazioni gratuite. Il nuovo strumentomesso a punto dal governo è già passato al vaglio della Conferenza unificata si basa su una definizione più ampia di reddito in cui vengono incluse, oltre al reddito Irpef, tutte le entrate tassate con regimi sostitutivi o a titolo d’im – posta e tutti i redditi esenti. Nel nuovo Isee sono previsti importanti abbattimenti del reddito quali una quota dei redditi da lavoro dipendente, per tenere conto dei costi di produzione del reddito stesso, e delle pensioni, per tenere conto di situazioni di povertà soprattutto legate ai percettori di assegni sociali e trattamenti di integrazione alminimo. Altro punto riguarda i costi dell’abitare che vengonoconsiderati in modo simmetrico per i nuclei proprietari della casa in cui abitano e per coloro che devonopagare un affitto, attraverso una riduzione della componente reddituale; si considererà patrimonio solo il valore della casa che eccede il valore del mutuo ancora in essere. Il valore della prima casa viene abbattuto a due terzi. Per quanto riguarda la maggiore valorizzazione del patrimonio, essa viene raggiunta riducendo la franchigia sulla componente mobiliare, che viene però articolata in funzione del numero dei componenti il nucleo familiare. Il valore degli immobili è quello rivalutato ai fini Imu. Si considera, infine, anche il patrimonio all’estero. La Scala di equivalenza in essere attualmente viene modificata con il riconoscimento di alcune importanti maggiorazioni. In particolare, come ha spiegato il ministro del Lavoro Enrico Giovannini, per tenere in considerazione i figli successivi al secondo, la scala viene maggiorata di un ammontare crescente al crescere del numero dei figli, da tre in poi. Per quanto riguarda la disabilità, la scelta fondamentale che si compie con la riforma è di non considerare in modo indistinto tutto il mondo delle persone con disabilità, ma di riclassificarlo in tre distinte classi: disabilità media, grave e non autosufficienza. Nell’Isee riformato si riconosce un abbattimento diretto del reddito della famiglia dove è presente il disabile, articolato in funzione del grado di disabilità, che risulta vantaggioso, in misura maggiore per i disabili più poveri e per quelli più gravi. La riforma prevede inoltre il rafforzamento dei sistemi dei controlli sulla veridicità dei dati rilevati ai fini Isee, al momento tutti autodichiarati, e anche per questo a volte non corrispondenti alla situazione reale. I dati fiscali più importanti e i dati relativi alle prestazioni ricevute dall’Inps saranno ottenuti direttamente dalle Amministrazioni. Un’altra novità riguarda la possibilità, a fronte di cadute significative del reddito, di calcolare un Isee corrente, riferito ad un tempopiù ravvicinato rispetto all’ultima dichiarazione al fisco, e quindi più rispondente alla realtà economica del dichiarante. Un modo per tenere conto degli effetti della crisi economica, dove la condizione delle persone può cambiare anche rapidamente, in occasione della perdita di un lavoro o della riduzione dell’at – tività lavorativa.