Prezzi caldi a giugno, anche in presenza di una domanda stagnante. L’indice nazionale per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, è cresciuto dello 0,3% rispetto al mese precedente e dell’1,2% sul giugno 2012. Era +1,1% a maggio. La lieve accelerazione dei prezzi a giugno è principalmente imputabile al surriscaldamento dell’ener – gia, che cresce su base mensile dello 0,5%, con una sensibile attenuazione della flessione su base annua: -1,8%, dal -4,8% di maggio. Al rialzo congiunturale hanno contribuito i prezzi degli alimentari non lavorati (+1,4%, attribuibile soprattutto al +6,9% della frutta fresca) sui quali hanno pesato fattori stagionali. Ma i nubifragi che hanno colpito nelle scorse settimane vaste aree del Paese non hanno risparmiato neppure la verdura di stagione che ha fatto registrare una fiammata addirittura del +11.1%. In media gli alimentari freschi sono rincarati del 2,8 per cento, «più del doppio», fa sapere la Coldiretti, «rispetto all’inflazione media. L’aumento dei prezzi entro certi limiti è giustificabile per lo straordinario andamento climatico, ma occorre evitare che nel passaggio dei prodotti dal campo alla tavola si innestino fenomeni speculativi. Il rischio è quello di provocare una ulteriore frenata dei consumi». Un effetto che secondo la Confederazione italiana agricoltori è già in atto. Salgono i prezzi ma le famiglie riducono ancora qualità e quantità del cibo e si orientano verso prodotti ed esercizi commerciali di fascia molto bassa, segnatamente i discount che sono gli unici a conservare il segno più. La Cia commenta i dati diffusi dall’Istat: il carrello della spesa trascinato in alto dai listini degli alimentari freschi, in particolare la verdura (+11,1%), che pagano ancora gli effetti del maltempo. Ma se salgono i prezzi, le famiglie riducono ancora quantità e qualità del cibo, orientandosi verso prodotti ed esercizi commerciali di fascia molto più economica. Che infatti sono gli unici a conservare il “segno più. Non a caso le vendite alimentari calano del 4,4% nei piccoli negozi e dell’1,2 nella grande distribuzione. Mentre nelle catene low cost la spesa in volume è salita dell’1,3%. Vale per tutti il caso della pasta, alimento di base della nostra dieta. Le vendite di spaghetti, penne e tortiglioni calano del 9,2% nella Gdo , mentre nelle cattedrali del low-cost aumentano di uno speculare 9 per cento. Lo stesso vale per l’ortofrutta: se nei primi mesi dell’anno frutta e agrumi perdono il 4,2% e gli ortaggi l’1,5, gli stessi prodotti nei discount vanno a ruba: solo a maggio, secondo elaborazioni dell’os – servatorio Macfrut, gli acquisti di frutta fresca nei discount solo saliti del 16,3% in quantità e del 13,8 in valore. Anche sul fronte della verdura fresca la spesa al discount aumenta del 12,1 per cento in quantità e del 15 per cento in valore. Non a caso a giugno l’inflazione di fondo, calcolata cioé al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, rallenta all’1,2%, mentre era +1,3% a maggio.