L’affaire Provenzano e la condizione dello stato di diritto, di questo si dovrebbe parlare, anche se farlo potrebbe far stridere le orecchie agli ipocriti benpensanti d’ogni colore politico. Da quando Servizio Pubblico di Michele Santoro ha mostrato le immagini del boss malato, s’è scatenato un dibattito sullo stato della legislazione carceraria italiana. È giusto o è tortura tenere in condizioni miserabili un vecchio malato, anche se questo è stato il Capo dei Capi? Bernardo Provenzano causa sui, è stato sia il terribile ideatore della cosiddetta «pax mafiosa», sia il simbolo della follia dello Stato italiano, che non pensa di poter mostrare la pietas dovuta a tutti gli esseri umani, anche ai peggiori. Certo, di lui si parla perché è una celebrità del male, mentre di altri non si conoscono nemmeno i nomi. Le immagini trasmesse da Servizio Pubblico, hanno mostrato un malato quasi incapace di intendere e di volere, adesso sembra che le condizioni siano ancora peggiorate e difatti pochi giorni fa, Angelo, il figlio del boss, ha fatto un esposto ai carabinieri per denunciare le gravi condizioni di carenza igienica in cui versa il padre. Ed è anche di questi giorni, la notizia che il vescovo di Acireale, centro in provincia di Catania, monsignore Raspanti, ha emesso un «decreto di privazione delle esequie ecclesiastiche per chi è stato condannato per reati di mafia in via definitiva». Anche la Chiesa sembra perciò essersi inchinata al pensiero secolare e s’incammina nel millennio, priva di «pietas». La curiosità di conoscere un’altra prospettiva ci ha spinto a contattare Angelo Provenzano, figlio di Bernardo, perché forse, la voce del figlio del mostro è l’ulti – ma che vorremmo ascoltare. Eppure, è vero che bisogna prestare attenzione a quello che viene detto più che a chi lo dice. Qual è lo stato di salute di suo padre? «È a letto e non lo mettono più neppure sulla sedia a rotelle. È stato riconosciuto incapace. Alle malattie si è aggiunta una infezione di cui non si sa la causa e dicono pure che abbia alla coscia una sacca, che inizialmente si sospettava fosse di pus, oggi a seguito di un esame che ne esclude tal origine, si pensa ad una metastasi. Le condizioni igieniche sono quelle di cui alla denuncia. Ha una flebo per idratare e nutrire, non mastica più». Suo papà è stato emblema e capo della mafia, adesso invece è la personificazione della disastrosa condizione in cui versano i detenuti nelle carceri italiane. «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»: così recita l’articolo 27 della nostra Costituzione. Pensa che a questo articolo ci sia un emendamento invisibile e condiviso che dice: tranne i mafiosi? «Non mi pare sia un emendamento invisibile. Il 41 bis è ben visibile ed è una diversa detenzione, che si dice sia una “deroga” per motivi di sicurezza pubblica. Il punto è che, da quando mio padre non è più capace di intendere, non capisco più a cosa debba servire e quale sicurezza si stia preservando». Anche all’interno della Chiesa, c’è qualche sacerdote che pensa che non debba esserci nessuna pietà umana (e religiosa) per i mafiosi, tanto da aver deciso, di vietare loro il funerale in caso di sentenza passata in giudicato… da quello che so, lei è credente; come si spiega questa mancanza diffusa e generalizzata di pietas? «Sono cattolico e ho sentito del dibattito entro la Chiesa. Personalmente penso, però, che se per il morto si chiudono i processi, non ci debbano essere residui di pena da espiare dopo la morte. Quando la vicenda umana si conclude inizia, per il credente, il Giudizio di Dio, dinanzi al Quale dovrebbe essere poco importante che si celebri la Messa con la salma presente o no. Voglio dire, per essere concreti, che se alla morte di mio padre non saranno consentiti funerali in Chiesa, nessuno potrà vietare (credo) a noi familiari di far celebrare e partecipare a Messe di suffragio per l’ani – ma di mio padre. Anche Provenzano ha l’anima! E perciò penso che l’esclusione sia per le spoglie mortali di un uomo (pure Provenzano è un uomo) la cui anima va davanti a Dio e il cui ex contenitore viene punito seppur ormai vuoto, con l’esclusione dalle mura delle chiese». Pensa che la punizione data a suo padre si estenda anche a lei e alla sua famiglia? Visto che le è impedito anche di stringere soltanto la mano malata di suo papà… «Nello stato in cui è, mio padre non può più comprendere la “punizione”. Siamo puniti noi, per il cognome e per l’affetto che abbiamo verso chi ci ha messi al mondo. Viste le sue condizioni siamo noi a essere puniti e, secondo me, anche le persone che sono costrette, loro malgrado, non a “punire e rieducare” un detenuto, ma a “fare da badanti” ». (LIBERO F. Grasso))