L’immagine di Superman, mantello rosso e tuta blu con la «S», è qualcosa che va oltre il fumetto, oltre la tv, oltre il cinema. È qualcosa che conoscono anche i bambini di tre anni, che di quel personaggio tutto muscoli e superpoteri hanno visto ben poco. Adesso avranno la loro occasione: esce oggi in Italia, una settimana dopo gli States e 75 anni dopo il primo fumetto della Dc Comics, L’uomo d’acciaio, atteso reboot (una nuova versione insomma) della storia di Superman, diretto da Zack Snyder (300,Watchmen) e prodotto da Christopher Nolan, regista dell’ultima trilogia di Batman e qui cosceneggiatore con David S. Goyer, altro reduce dal successo dell’uomo pipistrello. Superman è un mito difficile da maneggiare: tolti i primi tre film con Christofer Reeve (soprattutto il primo del 1978 con Marlon Brando nei panni del padre), il cinema ne ha saputo approfittare pochissimo (Superman Returns del 2006, firmato da Bryan Singer, è stato un autentico flop). Ha fatto meglio la tv, con gli oltre 200 episodi della serie Smallville. Per Nolan dunque la sfida è importante davvero. Deve invertire la rotta e lo fa prendendo spunto dai successi milionari dei suoi Batman: molta analisi psicologica del personaggio e molta azione. E come in Batman Begins l’avversario non è quello storico: Lex Luthor non appare ma se ne percepisce l’esistenza. Arriverà, con ogni probabilità, nel prossimo Uomo d’Acciaio che sembra sia già in lavorazione. ComeGesùNegli Stati Uniti il film, costato 225 milioni di dollari, ne ha guadagnati 113 nel primo weekend (record storico), oltre ai circa 170 che la Warner ha incassato dai partner commerciali. Ma è polemica per l’accostamento di Superman, interpretato dal prestante inglese Hanry Cavill, a Gesù. Già nel film ci sono riferimenti diretti: suo padre (Russel Crowe) quando lo spedisce da Krypton sulla Terra dice: «Per loro sarà un dio», quello adottivo (Kevin Costner) avverte che con Clark Kent «cambierà tutto» e il suo volo nel cielo è spesso a braccia larghe…Mac’è di più: il marketing ha creato un sito per spiegare ai pastori come sfruttare Superman nei loro sermoni su Gesù, definito «The Original Superhero». Serviva davvero?