Le vie del cielo sono infinite. Specie per i droni. E non solo quelli da guerra. La drone- mania «prende» tanti. Contadini, sceriffi, giornalisti, operai e tutti coloro che vogliono vedere oltre l’orizzonte in tempo reale. L’elenco degli acquirenti è lunghissimo. Non fai a tempo a censire l’ultimo che ne arriva un altro. Ha fatto notizia, anche se ci vorrà tempo, l’idea di una nota catena fast food, Domino Pizza. Il suo ufficio tecnico ha provato un piccolo velivolo radiocomandato capace di recapitare a domicilio un paio di pizze. Un esperimento che, se supererà i test, potrebbe trasformarsi in un vero servizio. Almeno in Gran Bretagna e ovviamente nelle zone di campagna. Telefoni e la margherita arriva dall’alto. In America, che è la patria dei droni, ci aveva già pensato — sempre come esperimento — un’altra «firma» famosa del cibo economico e rapido. Però, per adesso, le leggi in vigore negli Usa non ne permettono questo impiego. Ma date tempo al tempo. Anche perché, sul mercato statunitense i droni vanno forte, con mille applicazioni. Il mercato ne offre di tutti prezzi. Un modello in vendita da un paio d’anni costa circa trecento dollari e lo si guida con l’iPad. È poco più di un giocattolo, l’inizio di una «linea» che si preannuncia ampia. Negli ultimi due anni sono stati centocinquanta gli atenei o istituti che hanno ottenuto l’autorizzazione a usare per motivi di studio i piccoli velivoli radiocomandati. Ad aprire il sentiero l’Università del Nord Dakota dove si insegna a fare i piloti e a usarli in tanti settori. Un’iniziativa poi copiata da altri. Gli esperti calcolano che entro il 2020 il settore creerà attorno ai 23 mila posti di lavoro. E sono stime al ribasso, visto che nessuno può immaginare con precisione quello che faranno le minuscole macchine volanti. Gli indiani Navajo hanno pianificato l’acquisto di un paio di droni, dotati di telecamere, per impiegarli nel settore agricolo. I velivoli radiocomandati possono sorvolare grandi estensioni di territorio e per lunghi periodi. C’è chi pensa a quelli più piccoli, dunque in grado di volare bassissimi su un campo, per scoprire danni alle piantagioni o la presenza di parassiti. Restiamo nell’Ovest americano per un episodio che ha fatto «storia». Un dipartimento di polizia ha raccolto prove schiaccianti sui ladri di bestiame grazie all’uso di un velivolo senza pilota. Le società che costruiscono oleodotti pensano di usare i droni con compiti di sicurezza. In alcune grandi aree urbane le compagnie immobiliari li noleggiano per filmare complessi residenziali messi poi in vendita. Prima si servivano di elicotteri ma la seconda soluzione è meno costosa. E a proposito di residenze sembra che alcuni paparazzi si affidino alle spie volanti per sbirciare nelle ville degli attori. Mura e sorveglianza sono sconfitte. I droni affascinano gli scrittori, come Dan Brown, o illustri professori che vogliono provare il gadget, ma non piacciono a tutti. C’è paura per la privacy violata. Tanto è vero che in alcune cittadine si discute per metterli al bando. Discussioni, a volte feroci, per dichiarare una «no fly zone» al grido «fateli volare, però non nel nostro cortile»