Una bambina che muore di Sma, l’atrofia muscolare spinale, purtroppo non è un caso infrequente. Succede spesso. Perché è una malattia rara che nelle sue forme peggiori riduce in carrozzina e provoca la degenerazione delle cellule nervose. Stavolta però se n’è andata una bambina «speciale ». Sofia, 6 mesi e mezzo, viveva a Civitavecchia e doveva cominciare una cura a base di staminali formulate da Stamina Foundation, non validata in Italia. Era stata necessaria l’ordinanza del giudice per stabilire che avrebbe dovuto ricevere le infusioni presso gli Spedali Civili di Brescia che producono quelle cellule. Non è stato possibile perché era quarta in lista di attesa. «Sarebbe stata chiamata entro la prima metà di giugno. La lista d’attesa si basa sull’ordine di ricevimento delle decisioni dei giudici», spiegano gli Spedali Civili di Brescia. Il padre della piccola è sconvolto: «Stiamo valutando se denunciare e chi». A lui va la solidarietà dei genitori di Sofia, la bimba toscana divenuta simbolo della lotta per le cure compassionevoli. Non ci sono elementi per dire che la morte sia dovuta alla mancata terapia, visto che il trattamento con quelle cellule non ha dato finora dimostrazione di efficacia e sicurezza. Ma Davide Vannoni, presidente di Stamina, accusa: «È il primo morto causato dalla legge». Si riferisce alla legge approvata dal Parlamento il 1˚ maggio che stabilisce l’avvio l’1 luglio di una sperimentazione controllata di 18 mesi. Per Vannoni «se fosse passato il testo inizialmente formulato in Senato i tempi non si sarebbero allungati. Speriamo che Sofia non sia la prima vittima di una serie. Centinaia di famiglie sono in attesa. Denunceremo il ministero, è omicidio volontario». Parole pesantissime. Se la legge fosse passata secondo la prima stesura, la sperimentazione avrebbe seguito le norme che valgono per i trapianti, meno rigorose che per i farmaci. A discapito dei pazienti. E forse non è un caso che le accuse arrivino a poche settimane dal previsto avvio del programma di test. Vannoni deve concordare i protocolli con il ministero e sciogliere le riserve sul metodo Stamina, di cui non si sa nulla. Aifa (Agenzia nazionale del farmaco) e Cnt (centro nazionale trapianti) sono pronti a rispettare la scadenza, come conferma il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Vannoni dice di «non essere ancora stato chiamato». Le critiche al presidente di Stamina sono severe: «È un’operazione propagandistica che gioca sull’emotività di famiglie sofferenti—dice Paolo Bianco, direttore del laboratorio Staminali alla Sapienza —. Non c’è prova che la bambina non sarebbe morta ugualmente come al contrario non si può dire che altri piccoli trattati all’ospedale Burlo di Trieste pur ricevendo le stesse infusioni non ce l’abbiano fatta perché la terapia è stata dannosa». Ecco Paola Binetti (Scelta Civica): «Le parole di Vannoni infondono dubbi sulla sostanza scientifica del metodo Stamina». Chiude la fondazione Coscioni: «La morte di una bambina non va strumentalizzata »