Il «buco» si allarga a vista d’occhio. L’anno scorso, a Roma, il Comune aveva messo in bilancio un incasso di 281 milioni di euro dalle vecchie multe per le infrazioni stradali. Ne sono stati incassati appena 14, tanto che la giunta, a metà maggio, ha deciso di accantonare altri 85 milioni di euro sul fondo per la svalutazione dei crediti, vista «la comprovata difficoltà di incasso di tali proventi». A Milano la situazione è più o meno analoga. Nel 2012, grazie alle contravvenzioni vecchie e nuove, il municipio doveva incassare in tutto 471 milioni di euro, ma a fine anno ne erano stati effettivamente riscossi solo 135. A Napoli le cose vanno anche peggio. Nel 2012 il sindaco aveva stimato un gettito legato alle infrazioni del codice della strada di 294 milioni di euro, ma a conti fatti ne sono entrati poco più di 40. Dei 211 milioni di euro dovuti per il passato, i napoletani ne hanno pagati 9. Nel bilancio del Comune di Roma il fondo svalutazione crediti, che la Corte dei Conti ha imposto ai Comuni per far fronte al prevedibile buco di bilancio dovuto alle mancate riscossioni, dopo l’accantonamento di altri 85 milioni, ha raggiunto i 350 milioni di euro. Il fondo del Comune di Milano è anche più alto, 373 milioni legati solo alle multe che non si riescono più ad incassare. Volentieri non ha mai pagato nessuno, ma da quando nel 2011, dopo averla stretta fin quasi all’impossibile, governo e Parlamento hanno deciso di allentare la morsa della riscossione è cambiato tutto. Le stesse norme che hanno ridotto drasticamente i pignoramenti di Equitalia (21 mila nel 2011, 5 mila l’anno scorso) e le esecuzioni immobiliari (gli immobili ipotecati e poi effettivamente venduti sono stati 53 quest’anno e 166 nell’intero 2012), e rallentato a passo di lumaca la riscossione coatta, hanno fatto crollare il gettito dei Comuni e degli enti locali. Per i crediti di importo fino a 2 mila euro, e forse il 90% dei ruoli emessi dai Comuni non supera questa soglia, è stata eliminata l’esecutività immediata degli atti di accertamento. Niente più ganasce e fermi amministrativi, solo lettere. Due avvisi a distanza di sei mesi l’uno dall’altro, prima di ogni azione di riscossione coatta. Come dire: non preoccupatevi. E così è stato. Prima le contravvenzioni servivano per fare i bilanci dei Comuni, alcuni dei quali si sono attrezzati con tanto di costosi Autovelox per sostenere scuole e servizi sociali, oggi sono diventate l’incubo dei sindaci di tutta Italia. Non è un problema solo di Roma, Milano o Napoli. Succede ovunque: a Sarzana, provincia di La Spezia, il Comune aveva previsto nel 2012 quasi 8 milioni dalle multe, si sono dovuti accontentare di un milione e 600 mila. A Galliate, in provincia di Novara, ci hanno proprio rinunciato, cancellando con un tratto di penna dal bilancio quel residuo di 247 mila euro che non si sarebbe mai incassato. Adesso quella norma sui piccoli crediti è cambiata, è divenuta un po’ più dura, ma non sembra dare ai sindaci garanzie sufficienti. Per i debiti sotto ai mille euro, e non più duemila, il recupero coatto non è possibile se prima non sono passati 120 giorni dal ricevimento di un avviso bonario con l’illustrazione dettagliata del debito che si chiede di saldare. Ma gli avvisi bonari possono essere recapitati al contribuente, come dice esplicitamente la legge di Stabilità 2013, solo «per posta ordinaria». Il che, come la vecchia norma, vuole dire: non preoccupatevi. Fatto sta che i contribuenti italiani non pagano più multe. E a essere preoccupati sono soprattutto i sindaci. Nel momento in cui hanno deciso di farsi da soli una riscossione «più attenta alle esigenze dei contribuenti » di quella garantita fin qui da Equitalia, è un altro bel problema che il Parlamento dovrà risolvere. Ieri l’aula della Camera ha approvato un ordine del giorno che impegna il governo a sospendere il pagamento delle cartelle di Equitalia se il contribuente ha un credito superiore con la pubblica amministrazione. Si lavora per migliorare i rapporti tra il fisco e i cittadini. Ma chi risolverà i problemi e i dilemmi dei sindaci?