All’Inter mancava solo la scenamadre di questa stagione da incubo. Eccola. Minuto 26 della ripresa. Lazio in vantaggio 2-1 e Riky Alvarez sul dischetto. Parte, scivola, cade e sparacchia in cielo. L’immagine simbolo di una squadra malferma sulle gambe, che ha perso tutte le sue certezze dopo una stagione sciagurata ed è caduta a terra, così in basso che non ricordava: ufficialmente fuori dall’Europa dopo 14 anni; eguagliato il record di 15 sconfitte del 1946-47 nei campionati a 20 squadre. C’era una volta il Triplete. La Lazio ha fatto leva sulle disgrazie dei nerazzurri, per controllare il match e piegarlo con freddezza nei momenti giusti, come fanno i grandi. Ha agganciato la Roma lanciando nel modo migliore la lunga vigilia del derby di Coppa Italia e tiene l’Europa a portata di mano. Dopo un calo di tensione, l’ottimo Petkovic ha ripreso in manole briglie al momento giusto. Almeno Kovacic Ma giudicare l’Inter solo dai sui numeri sarebbe disonesto. In queste condizioni è impossibile valutare squadra e tecnico che pure hanno le loro colpe. Ieri altri due infortuni (Jonathan e Ranocchia), che hanno costretto Stramaccioni a giocare con due baby centrocampisti in difesa e domenica a Genova gli mancherà pure lo squalificato Juan. Col solo Rocchi in attacco, ieri l’Inter ha fatto di Marchetti il migliore in campo. Si è mostrata viva e combattiva più di altre volte. San Siro ha regalato applausi a scena aperta a Kovacic, la pietra di classe su cui costruire un nuovo futuro e ha condannato platealmente in curva presidente e società. Altri infortuni Se la sfiga fosse come le tasse, l’Inter può guardare al futuro con serenità: ha pagato un acconto così robusto quest’anno che l’anno prossimo gliela scalano. Il primo tempo nerazzurro possiamo riassumerlo così: gioca i primi minuti con dignitosa autorità, senza soffrire la maggiore qualità della Lazio, impegnando due volte Marchetti (Alvarez, Rocchi); la prima volta che la banda-Petkovic bussa davvero, Handanovic (pure lui…) esce a vuoto, la palla rimbalza traRanocchia e il portiere e rotola in rete (22’); l’infortunato del giorno si rivela un paio diminuti più tardi (Jonathan, poi si ag giungerà Ranocchia); l’Inter sopravvive a un contropiede solitario di Candreva (23’) e a tutta la depressione che ha accumulato in stagione; si trascina faticosamente al pareggio col solito Alvarez (36’), riprende il centro del ring, sfiora due gol (palo di Cambiasso), San Siro quasi ci crede, poi in pieno recupero va sotto per il rigore di Hernanes. Autogol, palo, infortuni…: se un gatto nero incrocia il pullman dell’Inter cambia strada. Lazio con le ali Ok, abbiamo drammatizzato un po’. C’entrano parecchio i meriti della Lazio e i peccati dell’Inter. Petkovic, senza retropensieri da derby, mette in campo il meglio e intuisce che la mediana a 3 dei nerazzurri lascia spifferi sulle bande. E’ qui che vince la partita. Lulic passa un paio di volte alle spalle dello svampito Jonathan, Candreva a destra decide il match: innesca i primi due gol. Gode di una libertà imbarazzante perché Pereira rischia di essere arrestato per vagabondaggio. Al centro non va meglio. D’accordo che Ranocchia è sofferente, ma il ginocchio con la posizione non c’entra: il rigore affannato che spende su Floccari (era anche da rosso) è figlio di una chiusura sbagliata, l’ennesima. Troppe volte (pensate al San Paolo) una palla in verticale ha sorpreso la linea difensiva in imbarazzo: gol troppo simili per non essere causali. Acquolina Petkovic Nella ripresa l’Inter, ridotta a giocare con due baby centrocampisti in difesa (Benassi, Pasa), prova di nuovo a fare la partita, trascinata da Guarin. Ma la Lazio è solida, nei centrali difensivi e nella diga di centrocampo che Petkovic rafforza con Onazi e Gonzalez: 4-4-1-1. Dopo il rigore con Alvarez, il giovane Onazi chiude il conto al 31’ con uno bolide all’incrocio, che gli avversari dei nerazzurri quest’anno hanno imbucato con disinvoltura: per tornare al gatto nero. La bella Lazio si avventa sul ghiotto finale di stagione. Per l’Inter è già finito tutto. Ma San Siro, invece di infierire, applaude l’ultima azione del giovane Garritano: un ponte di speranza verso l’Inter che verrà.