C’è un particolare non secondario, alto quattro centimetri e spesso il diametro di un bicipite, che adorna il totem piantato a gambe larghe e mani in tasca sul suo quarto scudetto con la Juve. Gianluigi Buffon, figlio di Adriano e Maria Stella, marito di Alena, padre di Louis e Davis (ogni dettaglio, in questa storia, è importante), guarda la fascia di capitano e non riesce a trattenere l’emozione. «Ho sentito Alex subito dopo la fine della partita. Mi ha fatto i complimenti, certo. E poi abbiamo riso insieme… ». Da Del Piero a Buffon, se quei centimetri di stoffa potessero parlare racconterebbero le vite parallele degli amici di una vita, nel cuore di questa squadra totalmente rinnovata in fondo non è cambiato niente: Gigi prolunga un attaccamento alla maglia di cui nel calcio fast food, usa e getta, si sono ormai perse le tracce e il primo scudetto vinto da capitano (dal 2001 al 2012 la fascia l’ha avuta al braccio il ragazzo a cui l’Australia ha allungato la carriera), c’è poco da fare, ha un sapore speciale. «Dedicato a noi stessi. Giocare dalla prima giornata con la spada di Damocle della vittoria a ogni costo sopra la testa non è stato facile. Ci siamo tolti un peso». L’uomo, dopo leggendari scivoloni senza rete, si è fatto furbo. Una dedica improvvida non sarebbe gradita alla nuova gestione. E allora il capitano esce a pugni chiusi, aggrappandosi a concetti lui cari (responsabilità, maturità, dovere) e numeri certi. «L’altra sera facevo i conti: in dodici anni di Juventus sono arrivato sette volte primo in campionato, considerando anche la serie B (e i due scudetti cancellati da Calciopoli, ndr). Però quei quattro anni un cui non ho vinto niente mi sono sembrati venti!». Ha la barba lunga dei giorni migliori, quel look trasandato che, archiviata la superstizione, da oggi lo restituirà alla categoria dei buoni padri di famiglia. Nella brevissima festa sul prato, dedicato un pensiero in contumacia ad Alex Del Piero, è Buffon lo juventino che i tifosi hanno baciato, complimentato, semplicemente toccato. Lo spirito Juve, la storia distribuita su 191 cm d’altezza, oggi è lui. L’anno scorso aveva raddrizzato il destino del campionato dopo una papera quasi letale. Quest’anno, senza scheletri nell’armadio, lo sguardo è ancora più fermo, limpido. «Abbiamo avuto questo tipo di responsabilità addosso da quando è cominciata la stagione, cioè dal luglio scorso. Quando hai il dovere e l’imperativo di vincere hai solo da rimetterci perché anche se dovessi arrivare secondo, che comunque è un buon risultato, è chiaro che molti avrebbero storto il naso. Sarebbe stato considerato un fallimento. E invece siamo stati bravi». Gigi non ha mai dato per scontato ciò che per altri, forse, lo era («Questo scudetto mi è piaciuto tanto perché dalla prima giornata abbiamo tirato il gruppone e poi nei momenti importanti lo abbiamo staccato; poi, in queste ultime 5-6 partite, abbiamo fatto lo scatto decisivo: nulla di tutto ciò era scontato, perché abbiamo dovuto vincere delle gare molto difficili, soprattutto in trasferta») ma oggi, un po’ controcorrente rispetto a una scuola di pensiero riformista, è convinto che Antonio Conte, l’uomo della rifondazione, rimanga: «Sa benissimo qual è il suo futuro e cosa deve fare. È una persona talmente intelligente che penso non abbia nessun tipo di dubbio». Si prende una piccola rivincita, il veterano: è l’unico juventino che oggi possa permetterselo. «Abbiamo buttato Conte nell’acqua gelata? La giusta vendetta per quello che ci fa patire durante l’anno». Franz Beckenbauer, dopo il 2-0 dell’andata con il Bayern in Champions, gli aveva dato del vecchio arnese. Il pensionato avrà anche abdicato ai sogni di Europa («Con qualsiasi altra squadra avessimo pescato in Champions, avremmo fatto match alla pari: a volte è anche una questione di sorteggio… »), ma è vivo e lotta insieme a noi. Di cosa sa questo scudetto, Gigi? «Di intelligenza, consapevolezza, forza. Di maturità, anche: vincere con largo anticipo non è da tutti». Tentano l’ultimo sgambetto, Buffon salta con l’agilità di un ragazzino: «Vincere da capitano? È bello come vincere da giocatore qualunque. Il bello della Juve è la condivisione».