«Antonio, Antonio lo scudetto è tuo: ti dovrebbero fare una statua davanti allo stadio», grida un tifoso appena la festa ha inizio dentro lo Juventus stadium imbandierato. Lui, Antonio Conte, preferirebbe un paio di top player. L’allenatore è fatto così. Ha fretta e non si ferma. Ha appena vinto il suo secondo campionato consecutivo e già guarda al futuro. Alle sette della sera, dopo aver festeggiato sul campo con sua figlia Vittoria, essere stato lanciato nell’acqua gelida della vasca per i recuperi dai suoi giocatori e aver fatto pazientemente il giro delle televisioni, racconta cosa bolle nella sua pentola. «Il mio obiettivo è vincere la Champions e preferirei farlo con la Juventus ». Ma non è indispensabile. Un’ombra sulla festa. Perché Conte il capitano, dopo gli anni bui di Calciopoli e gli anni neri della difficile rinascita, è il simbolo e l’icona del popolo bianconero. La sua Juve si piglia tutto: l’ottava vittoria di fila e la sesta in casa valgono lo scudetto. Ma ora Conte, potete scommetterci, chiederà al suo gruppo di non mollare e di provare a vincere le ultime tre per centrare il record dei punti in campionato: 92, uno in più di Capello, sempre con la Juve. Conte non si rilassa mai. È la sua forza. Ha cominciato in tribuna per la squalifica di Calciopoli, finisce spogliato e felice. Ma un tarlo rode dentro al nuovo profeta. «Abbiamo bruciato le tappe: il primo anno dovevamo provare a lottare per la zona Champions, il secondo entrarci e il terzo giocare per lo scudetto. Invece lo abbiamo vinto al primo tentativo e ci siamo ripetuti al secondo. E lo abbiamo fatto azzerando il deficit. Un miracolo perché abbiamo vinto nelle ristrettezze economiche. Fare meglio di così sarà difficile e allora bisogna fare discorsi chiari». Pretende chiarezza e franchezza, ma non intende accontentarsi: «Un progetto stile Borussia Dortmund alla Juventus non va bene. Noi abbiamo una storia diversa. Senza dimenticare che i tedeschi al novantesimo della gara con il Malaga erano fuori dalla Champions e che se perderanno la finale con il Bayern, chiuderanno con zero titoli». Conte travestito da Mourinho non fa neppure troppo effetto: lui alla Juve vuol bene, si sente bianconero sino al midollo, ma è un professionista che insegue il successo. Ovunque esso sia. «Non posso immaginare una Juve che non lotti per vincere. Non l’immagino e non l’accetterei. Non ho lo spirito di De Coubertin, a me partecipare non interessa, voglio solo vincere. Chi partecipa di solito attira simpatie, a me non frega essere simpatico. Lo sapete perché sono andato a vedere le semifinali di Champions? Non per studiare i giocatori da comprare, ma per vedere come si gioca ad un certo livello. Sono uscito dai quarti contro il Bayern con serenità, ma dentro ho rosicato». Vorrebbe provare a non rosicare più. Ma a dispetto di un contratto da tre milioni di euro sino al 2015, nessuno sino adesso gli ha offerto un progetto più vincente di quello bianconero. Il giro delle panchine internazionali è vorticoso, Conte però ne è ai margini: Mourinho va al Chelsea, Ancelotti al Real Madrid e il Paris Saint Germain, dopo il no di Wenger che resterà all’Arsenal, ha fatto un sondaggio per Fabio Capello. Però Conte non intende accontentarsi. La Juve dovrà presentarsi all’appuntamento, che forse si terra giovedì, dopo la trasferta di Bergamo, con le idee chiare in testa: squadra più forte e omogenea e obiettivi sbandierati al vento. Altrimenti? «Altrimenti la Juve può vincere anche senza di me…»