I suoi stati d’animo erano un saliscendi continuo, gli adorati Lilly e Paco, cagnolini postati a raffica sul profilo Facebook, e le giornate nate storte, «non mi voglio alzare, ufff… sono stanca», la gioia per un mazzo di fiori inatteso e l’ironia sui suoi chili di troppo, «non sono grassa—scherzava— ma piena d’amore…». E poi le canzoni di Laura Pausini, l’attesa di un lavoro vero, la nostalgia del suo babbo, Pompeo, che da quando se n’era andato lei gli scriveva sempre e «sarebbe bello, papà, se il Paradiso avesse un orario di visita…» Tutto finito, a 30 anni. Sogni, malinconie. In una Roma che s’interroga inquieta sulla nuova escalation di femminicidi, la morte di Alessandra Iacullo è anche un giallo: il corpo della ragazza, titolare in passato di un negozietto di prodotti per animali a Ostia, poi baby sitter e commessa, è stato trovato alle 10 di giovedì sera tra le case abusive e i canali prosciugati di Dragona, a metà strada tra la città e il mare: l’assassino forse, per prendere tempo, è arrivato a simulare un incidente. Alessandra giaceva sul marciapiede contro un muretto in una pozza di sangue, ancora viva, il corpo semicoperto dal suo scooter. Già sull’ambulanza che la stava portando all’ospedale Grassi, dove è morta poca dopo, non c’è voluto molto a capire: era stata trafitta da almeno 5 coltellate, al petto, sulle braccia e le mani; quella fatale al collo. Uccisa a poche centinaia di metri da casa, dove la stavano aspettando la mamma con il nuovo compagno e la sorella, nel quartiere-borgata in cui era cresciuta, da qualcuno non visto ma che ora probabilmente è braccato. Gli ultimi a salutare Alessandra, attorno alle otto di sera, erano stati il titolare e alcuni clienti di un bar vicino. «Ha comprato le sigarette, ha bevuto un aperitivo ed è uscita a passo veloce, come se avesse un appuntamento ». Accanto al corpo c’era il casco della giovane. Possibile che l’avesse posato a terra, dopo essere arrivata in quella stradina defilata, via Riserva del Pantano, per discutere con una persona che doveva conoscere e s’è trasformata in carnefice. Decisive almeno due tracce raccolte da Renato Cortese, il capo della Squadramobile romana: il fodero di un coltello lungo 12 centimetri, recuperato poco distante, e lo screening sui due cellulari trovati nelle tasche della vittima, assieme al portafoglio non svuotato. A chi ha telefonato Alessandra Iacullo in quel «buco» di un paio d’ore? Con chi ha scambiato messaggi? La soluzione del giallo — esclusa la rapina — sembra passare per la pista privata. «Quanto è successo è anche colpa del fatto che Ale era sola. E non aveva neanche buoni rapporti in famiglia», ha detto una delle poche amiche vere. Rieccoci dunque a Facebook, ai suoi sfoghi e alle richieste d’affetto, al dialogo mai interrotto col padre, poliziotto addetto alla logistica morto oltre un anno fa, mentre la madre non appare mai. Una pista potrebbe celarsi dietro i messaggi rabbiosi scritti il 2 e 4 marzo scorsi: «Ma porco quel figlio mannaggia… Lasciateme perde, faccio un omicidio» e «Dio… perché ogni giorno me ne mandi una nuova?… Che avrò fatto mai?» Doveva essere disperata, la ragazza, due mesi fa. Perché? Per chi?Ma un paio di settimane dopo — ulteriore indizio? — pareva le fosse passata, tanto che, postando la foto di un anello nuziale, scherzava fiduciosa: «Ma un giorno pure io l’avrò?». Nel suo saliscendi emotivo, i tormenti di marzo erano tornati? Stando agli ultimi giorni, non sembrerebbe. Lunedì scorso Alessandra era stata al concerto di Renato Zero al Palalottomatica e, «in diretta», aveva postato: «Con Marisa e Anna, fico! In questo momento parla con un vestito blu paiettato…. hihihi…». Però, chissà, forse… E a Dragona, adesso, le donne hanno paura. È la seconda che se ne va in due settimane. Il 18 aprile, al termine dell’ennesima lite, a pochi isolati da qui, dal marciapiede dove il sangue non s’è ancora asciugato, una guardia giurata aveva inseguito l’ex moglie, l’aveva affiancata con l’auto e ammazzata a revolverate. Si erano ritrovate centinaia di donne, la domenica seguente, per un flashmob contro i femminicidi organizzato sul pontile di Ostia. E oggi ne piangono un’altra: Alessandra Iacullo, la sua voglia di vivere e il suo unico, grande amore. «Papi — aveva scritto il 18 febbraio—Ti amerò fino a quando il destino non ci riunirà». Parole profetiche. Non immaginava, Ale, che quel giorno sarebbe arrivato tanto presto.