Ecco la foto sequenza choc: Luigi Preiti, il disoccupato calabrese di 49 anni, impugna la pistola semiautomatica, tende il braccio davanti a sé, ad altezza d’uomo, e spara mirando dritto in faccia al brigadiere dei carabinieri Giuseppe Giangrande, che infatti colpirà al collo. «Ha sparato per uccidere», dicono in procura, «e non siamo convinti che il suo obiettivo fossero i politici », come ha raccontato nel primo interrogatorio e continua a dire dalla cella d’isola – mento nel carcere di Rebibbia. «Ha puntato l’arma contro i carabinieri», sostengono i magistrati, «e ha sparato a tre di loro, ferendone due. Infatti l’uomo è accusato di tentato omicidio plurimo, con l’aggra – vante di avere colpito rappresentanti dello Stato impegnati nell’ordine pubblico, oltre che del porto abusivo della pistola e la ricettazione dell’arma e dei proiettili, di provenienza sospetta». Difficilmente oggi, di fronte al giudice per le indagini preliminari che interrogherà l’attentatore per decidere se convalidare il suo arresto, Preiti cambierà versione dei fatti. Anzi. Per ora il manovale di Rosarno ha solo cambiato legale. Assumendo un avvocato più agguerrito, che ha già annunciato la richiesta di perizia psichiatrica esclusa nei giorni scorsi dalla procura di Roma. Il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e il pm Antonella Nespola non credono alla pianificazione del disoccupato per compiere un gesto eclatante contro la Casta. Oltre a essere convinti che Luigi Preiti fosse «lucido», come lo hanno trovato all’ospedale San Giovanni (dove è stato interrogato dopo essere stato medicato in seguito all’arresto), pensano che l’uomo non dica tutta la verità. Ad esempio gli inquirenti non credono neanche che i carabinieri siano stati un bersaglio di ripiego. Anche se, come si vede dai filmati delle tre telecamere di sicurezza che hanno ripreso la scena, l’attentatore aveva già provato a varcare altri due accessi a Palazzo Chigi chiusi dalle transenne e dai poliziotti. Al terzo tentativo, il 49enne arriva di fronte ai carabinieri del Battaglione Toscana e spara. Con fermezza, assumendo una «posizione di tiro» semi professionale che l’uomo giustifica con «gli allenamenti in campagna», dove dice di avere trascorso molti pomeriggi a «prendere di mira gli alberi». È facile immaginare che oggi il gip convaliderà l’arresto, dato che i pm sottolineano più volte l’agitazione di cui il disoccupato sarebbe ancora ostaggio. Adesso la partita tra accusa e difesa si gioca su questi indizi; poi, però, il processo ruoterà attorno alla premeditazione (che sarà difficile negare, vista la pianificazione del viaggio, il pernottamento a Roma e la piantina della città con il percorso segnato, che dall’albergo in centro porta a piazza Montecitorio) e alle capacità mentali di Preiti alle 11.34 di domenica scorsa. Si dovrà capire, cioè, se sia stata la follia di un momento a far premere il grilletto al 49enne calabrese, mentre il governo di Enrico Letta era al Quirinale a giurare fedeltà alla Repubblica. La difesa di Preiti sosterrà la tesi del presunto scatto d’im – peto che lo avrebbe spinto a sparare all’improvviso contro quei carabinieri di cui oggi continuerebbe a chiedere notizie. Se davvero il suo obiettivo fossero stati i politici, riflettono però a piazzale Clodio, il 49enne avrebbe potuto mischiarsi alla folla e aspettare che il governo sfilasse dentro il Palazzo, provando comunque a sparare verso di loro, anche se a qualche decina di metri di distanza. Invece si è posizionato a pochi passi da Giangrande, gli ha puntato la pistola al collo e ha fatto fuoco, probabilmente rendendolo paralizzato dal collo in giù, anche se la prognosi resta riservata e fino a domenica non si potrà sapere qualcosa di certo. Per adesso l’unica cosa che Preiti ha ottenuto è far lievitare quei costi della politica che tanto contestava. È scattata la chiusura di tutta la zona attorno ai palazzi della politica. Un’area che blocca il traffico in via del Corso e largo Chigi. Inoltre, dopo l’attentato, è stato raddoppiato il personale impegnato nelle vigilanze di sedi istituzionali, politiche e diplomatiche. Soprattutto, c’è stata l’assegnazione a tutti i ministri della scorta armata personale. Un pericoloso ritorno al passato. Alcuni di quegli stessi ministri, alle 11 di domenica mattina, avevano raggiunto il Quirinale a piedi con le famiglie. Mezz’ora più tardi sono diventati sorvegliati speciali. Entro questa settimana il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, convocherà il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica per affrontare la questione. Sarà discussa anche la rimodulazione delle protezioni assegnate ad altri possibili obiettivi, in alcuni casi già rinforzate appena appresa la notizia degli spari davanti Palazzo Chigi.