Per rilanciare il futuro industriale del Paese, bisogna scommettere sullo spirito imprenditoriale e innovare e investire in ricerca e sviluppo». Il neopremier Enrico Letta mette al centro del discorso di insediamento la crescita, perché «di solo risanamento l’Italia muore». E «la crescita economica di un Paese richiede una strategia complessa, che eviti dispersione a pioggia delle poche risorse e che possa innescare meccanismi virtuosi». Il nodo centrale è rappresentato dagli investimenti. Il governo intende «lanciare un grande piano pluriennale per l’innovazione e la ricerca, finanziato tramite project bond». E quando parla di ricerca, Letta si riferisce a «nuovi settori di sviluppo, come ad esempio l’agenda digitale, lo sviluppo verde, le nanotecnologie, l’aerospaziale, il biomedicale ». Poi cita anche «ambiente ed energia». Per il governo «le nuove tecnologie—fonti rinnovabili ed efficienza energetica—vanno maggiormente integrate nel contesto esistente, migliorando la selettività degli strumenti esistenti di incentivazione, in un’ottica organica con visione di medio e lungo periodo». Ma cosa sono i project bond? Sono uno strumento che punta ad attrarre capitali privati. Si tratta di emissioni obbligazionarie legate alla realizzazione di un progetto, il cui rimborso dipende dai flussi finanziari che il progetto garantisce. Data la loro natura, sono adatti ad attrarre investimenti per progetti di medio e lungo periodo, e infatti il governo parla di «grande piano pluriennale». Non sono una novità per l’Italia: nel decreto Sviluppo del governo Monti i project bond sono stati usati per finanziare infrastrutture prioritarie, come la Tangenziale esterna di Milano, la Pontina e la Telesina. I project bond piacciono molto anche a Bruxelles. Lo scorso anno la Commissione europea ha dato il via libera a un programma con la Bei per promuovere le infrastrutture. Il nuovo esecutivo sottolinea la necessità di «fare una politica industriale moderna, che valorizzi i grandi attori ma anche e soprattutto le piccole e medie imprese che sono e rimarranno il vero motore dello sviluppo italiano». In tal senso Letta punta il dito contro l’eccesso di burocrazia e ricorda che «tutta l’impresa italiana, per crescere, ha bisogno di più semplicità, di un’alleanza tra la pubblica amministrazione e la società, senza tollerare le sacche di privilegio. La burocrazia non deve opprimere la voglia creativa, bisognerà rivedere l’intero sistema delle autorizzazioni ». Alta tecnologia, ambiente ed energia sono dunque i nuovi settori su cui concentrare gli sforzi. E il nuovo esecutivo ha ben presente che «va completato il processo di integrazione con i mercati geografici dei Paesi europei confinanti», sia per quanto concerne l’elettricità sia per il gas, per allineare i nostri prezzi con quelli europei. Costo dell’energia e crescita vanno a braccetto: ora le nostre imprese pagano l’elettricità in media il 30% in più dei competitor francesi e tedeschi.