Un tram che si chiama… scudetto. La linea è la 31. Andrea Agnelli e Giuseppe Marotta – a tempo debito – avevano dato i biglietti d’accesso, AntonioConte guida e all’occorrenza funge da controllore. Guai a chi sgarra, guai a chi ipotizza soste impreviste. Il capolinea è a una fermata, massimo due. L’input è: accelerare. A manetta! E così questa Juve, in campionato inarrestabile, macina punti, su punti, su punti. Ha parlato, il conducente: «Le altre squadre, le nostre rivali nella lotta al primo posto in alcuni momenti del campionato hanno avuto delle crisi,

Pochi riposi, discorsi e alta tensione: la strategia psicologica di CONTE

noi invece siamo stati molto bravi ad avere continuità».
SI’, VIAGGIARE Eccolo il segreto del successo, a quanto pare. La continuità. Appena 4 sconfitte in 33 gare di campionato, mai due di fila. Una media di 2.3 punti a partita. Mentre le altre arrancano, strattonano, sprintano, e s’impannano. La Juventus intanto va: regolando il minimo, alzandolo un po’, evitando le buche più dure. Questione di ritmo, di motivazioni, di carica emotiva, anche. Perché bisogna mettere benzina nelle gambe, ma anche nella testa. E così non soltanto si corre, in settimana, ma si fan volare bottiglie negli spogliatoi (situazioni studiate ad arte, dice Conte, proprio allo scopo di tenere tutti sulla corda e alleggerire o caricare la tensione). Già perché «stiamo giocando partite con risvolti psicologici importanti, questo non va dimenticato: ho fatto il calciatore e so bene che quando si comincia a intravedere il traguardo, a volte subentra la paura». Di conseguenza scattano le scene madre.
FILOTTO Altro che calo da traguardo in vista o braccino da match point! Alla faccia di chi da settimane bubola (come i gufi, appunto…) d’una Juventus già campione d’Italia, la truppa bianconera non dà cenni di cedimento, anzi. Con il successo di domenica sera contro il Milan, Andrea Pirlo e compagni sono arrivati a quota 6 vittorie consecutive. Dopo il pareggio della 27ª giornata al San Paolo col Napoli, i bianconeri hanno fatto inchinare al loro cospetto il Catania, il Bologna, l’Inter, il Pescara, la Lazio e appunto il Milan. Un filotto che ha permesso di raddoppiare, o poco meno, il vantaggio sulle inseguitrici: da +6 a più 11 rispetto ai partenopei. Ancora il conducente: «Sarebbe bastato pareggiare due, tre partite e ci saremmo trovati

«Se il traguardo è vicino si rischia il calo». Così ha portato la Juventus a 6 vittorie di fila. Ai giocatori: «Teniamo duro, niente pause. Poi vi porto in gita»

subito a ridosso il Napoli. Sentivo parlare di scudetto già conquistato dopo l’1-0 contro il Catania, sono seguite cinque gare e ogni vittoria era data per decisiva. Eppure di deciso non c’è ancora nulla… A testimonianza del fatto che non c’è mai niente di scontato e di facile. La squadra è in buona condizione e non può essere altrimenti, perché quando lavori sempre con serietà, alla fine devono arrivare comunque i risultati».
«IL PATTO» E quando Conte dice “lavorare sempre”, intende proprio sempre . Ha la fama di essere un gran lavoratore, ma anche di far lavorare grandemente gli altri. Allenamenti duri, giorni liberi elargiti con parsimonia ma scelti ad hoc, nei momenti chiave. Perché c’è la volta in cui in teoria sarebbe cosa buona e giusta allenarsi, visto che la gara successiva è a pochi giorni di distanza, ma magari è cosa ancora più buona e giusta far scaricare la mente e alleggerire la pressione. O ancora, c’è la volta in cui occorre usare il pugno duro, spronare il gruppo, e la volta in cui conviene invece coccolarlo. Ulteriormente nello specifico: c’è il singolo giocatore che rende meglio se pungolato e stuzzicato e c’è quell’altro che necessita di essere accarezzato. Saper individuare il chi e il come rappresenta la differenza sostanziale tra un bravo allenatore e un allenatore mediocre. «Chi ha la mentalità vincente non si accontenta, ma si documenta, studia, si prepara, fa anche il motivatore. Altrimenti ci si limiterebbe a tenersi buoni 3-4 leader dello spogliatoio e sperare che tutto vada bene». Invece il verbo sperare nel dizionario di Conte non esiste. Esiste sudare , esiste lavorare , esiste migliorare , ma sperare no. Pure il verbo riposare compare pochino. «Ancora uno sforzo, su. Ci riposeremo a tempo debito. Abbiamo il patto, appena vinto lo scudetto ci rilassiamo con una bella gita». Manca poco, lo dice l’aritmetica e lo dicono le statistiche: il 33% di probabilità di chiudere i giochi già domenica prossima, altrimenti si sale al 74% per quella successiva. La fermata scudetto è prenotata.