Game over. Pier Luigi Bersani si è dimesso. O meglio: lascerà subito dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Ieri notte ha convocato l’ennesima assemblea al teatro Capranica e ha annunciato il passo indietro perché «uno su quattro di noi ha tradito ». Oggi il Pd voterà scheda bianca, ha fatto sapere, poi vedremo cosa fare. «Ma il presidente della Repubblica non lopossiamo fare da soli». Riunione tesissima, segretario furibondo perché, ha attaccato, «ci sono pulsioni a distruggere e a questo non c’è rimedio. Spero che la mia decisione servaper arrivareaun’assunzione di responsabilità». Prima di lui erano arrivate le dimissioni dalla presidente del partito Rosy Bindi, datate 10 aprile e dunque tenute nel cassetto fino al momento buono, cioè ieri, quando ormai era evidente a tutti che il Partito democratico era imploso. Subito dopo la débacle del voto su Prodi, con la Camera ancora piena di cronisti e le telecamere a insistere sui volti neri dei democratici, i rumors delle dimissioni erano state respinte dallo staff del segretario: «Pier Luigi non lascia». Più tardi, però, su Twitter è cominciato il tam tam. Il senatore Stefano Esposito ha avvisato che «tra pochi minuti Bersani si dimetterà nella riunione appena cominciata tra i grandi elettori». Idem da parte di Matteo Orfini, capo dei Giovani Turchi: «Credo che Bersani si dimetterà», ha fatto sapere il deputato entrando all’as – semblea. «Ma questo non risolverà i problemi del partito». L’intento del segretario, fino all’ultimo, è quello di contribuire ad eleggere un presidente della Repubblica. Fatto questo, l’uomo di Bettola lascerà la leadership del centrosinistra. «Abbiamo preso una persona come Romano Prodi, il fondatore dell’Ulivo e l’ex presidente del Consiglio: lo abbiamo messo in queste condizioni e io non posso accettarlo. Questo è troppo», si è sfogato di fronte alla platea. Adesso il Pd lavora a un candidato con profilo istituzionale e di questo stamani Bersani discuterà con Monti. Al partito si penserà in un secondo tempo. Nel pomeriggio aveva parlato il fratello di Bersani, Mauro, dicendo: «Non credo che Pier Luigi si dimetta, ma da fratello sono preoccupatoper la sua salute,sonomesi che è sottoposto a degli stress». Alla domanda perché suo fratello ha scelto Marini d’accordo con Berlusconi? Mauro ha risposto: «Lui l’ha sempre detto: le istituzioni vanno elette anche con il consenso delle altre parti politiche. Quel che non si capisce è perché i suoi si siano comportati così». Lo stesso fratello che nei giorni dell’incarico da premier aveva dichiarato che Pier Luigi non sarebbe diventato premier. A rincarare la dose ci ha pensato pure Grillo dal palco del comizio di Udine: «Bersani va verso le dimissioni ». E la piazza gli ha fatto eco: «A casa, a casa». I renziani si chiamano fuori dalla fine del segretario, ma ormai è troppo tardi. Al Nazareno è iniziata la resa dei conti. Scissione è la parola evocata sempre più di frequente e forse anche per questo ieri notte, al Capranica e fuori, a tanti del Pd sono spuntate perfino le lacrime.