Ben vengano. «Ben vengano il controllo delle autorità sul nostro operato e la valutazione dei risultati. Siamo noi a chiedere al Ministero che venga istituita una commissione di esperti superpartes, disposti a esaminare con tutti i crismi i dati che abbiamo ottenuto in questi mesi». Davide Vannoni, torinese di 45 anni, professore di Psicologia della comunicazione a Udine e fondatore di Stamina Foundation, affida a Oggi la sua nuova sfida. «A tutti gli scienziati italiani che ci accusano di lavorare in segreto, senza evidenze scientifiche, io rispondo che la mia metodica non ha nulla di oscuro, perché è pubblica. Fanno finta di dimenticare che l’ospedale di Brescia, uno dei più grandi istituti pubblici italiani, è in possesso di tutti i materiali. Per ogni paziente trattato col Metodo Stamina, le cartelle cliniche e biologiche sono lì». L’ ITER IN PARLAMENTO Incontriamo Vannoni proprio mentre per Stamina Foundation, e per migliaia, forse milioni, di ammalati italiani il momento è decisivo: la settimana scorsa la commissione speciale al Senato ha dato via libera, con alcuni emendamenti, al decreto Balduzzi, che regolamenta l’impiego delle cellule staminali secondo il metodo Stamina, autorizzando i pazienti già in trattamento a proseguire con queste terapie. Ora il provvedimento passa all’ésame della Camera. E se qui dovesse scattare l’“ok”, qualcuno prevede che sarà una rivoluzione, un semaforo verde alla sperimentazione del trattamento per tutte le malattie rare. «Grazie agli emendamenti presentati e approvati da uno schieramento bipartisan, avremo conseguenze a valanga. Sarà possibile ampliare la platea dei pazienti senza dover ricorrere al giudice. Ai 35 autorizzati sinora dai giudici potrà aggiungersi, in teoria, oltre un milione e mezzo di individui, tanti sono i malati rari in Italia, in gran parte bambini», ipotizza Vannoni. «Abbiamo già ricevuto molte migliaia di e-mail. La sperimentazione dovrà utilizzare i laboratori e le procedure prescritte per i trapianti, non per i farmaci, e potrà essere eseguita esclusivamente negli ospedali pubblici autorizzati alla lavorazione di cellule. I dati verranno controllati dall’Aifa, dall’istituto superiore di sanità e dal Centro Nazionale Trapianti; il testo prevede infine che il produttore delle cellule ha l’obbligo di fornirle gratuitamente, senza possibilità di ottenere l’immissione in commercio del metodo». Ma se la politica pare offrire ascolto, la scienza resta fredda e diffidente. Gli studiosi esigono pubblicazioni scientifiche che illustrino metodologie, protocolli, risultati. In altre parole: trasparenza, dati certi, riproducibilità del metodo. Li fornirete? «Noi non abbiamo proprio nulla in contrario a dialogare», rimarca Vannoni. «Cerchiamo la collaborazione. Posso annunciare che stiamo avviando una nuova cooperazione a Roma, con un docente universitario che ci ha invitati a operare in un ospedale pubblico. Non posso aggiungere altro per ovvi motivi di riservatezza, in questa delicata fase». Chiediamo: ma lei, professore, come si è avvicinato alle staminali? «Ne ho sperimentato gli effetti positivi su me stesso: nel 2004, in seguito a un’infezione virale mi ritrovai alle prese con un’emiparesi facciale. In Russia, dopo un trattamento a base di staminali, il miglioramento dei disturbi è stato nettissimo». I PALETTI DELLA SCIENZA Le staminali costituiscono una delle scoperte mediche più stravolgenti degli ultimi 30 anni. Un’acquisizione capace di mutare il nostro modo di concepire la terapia. Fior di laboratori, nel mondo, stanno vagliando le possibili applicazioni… Poi arriva lei, laureato in Lettere, docente di Psicologia, che per primo scopre certi esiti di queste cellule… «Ogni ricerca ha davanti mille strade possibili: io ho deciso di percorrerne una. So perfettamente che la scienza medica ha le sue regole ferree, ma ritengo prioritario l’imperativo di salvare vite. Soprattutto se si tratta di vite di bambini che non hanno alternative. Un farmaco impiega mediamente 12-13 anni per arrivare sugli scaffali della farmacia. Nel frattempo, le persone continuano a morire. Io mi assumo la responsabilità di un tentativo, anche fuori da questi schemi». Ma in che cosa consiste il Metodo Stami na? «Noi preleviamo un particolare tessuto, che si chiama stroma osseo. Da qui estraiamo cellule staminali mesenchimali, il cui utilizzo, proprio per le loro caratteristiche biologiche, è molto promettente per curare svariate malattie che hanno un carattere degenerativo e autoimmunitario. Noi le coltiviamo in laboratorio per almeno quattro settimane, premurandoci di adeguare via via la composizione del terreno di coltura in base alle nostre particolari esigenze, e poi le iniettiamo nel paziente, per un massimo di cinque infusioni. Già dalla prima iniezione, le cellule cominciano a lavorare, riattivando e riparando quei processi biochimici che sono difettosi nel malato ». LE QUESTIONI ECONOMICHE Vannoni s’infiamma contro le voci critiche della medicina ufficiale e se la prende con le aziende farmaceutiche. Come risponde, però, all’accusa di mirare a un business milionario, attraverso il brevetto della sua metodica? «Io ho rifiutato un’offerta da 40 milioni di euro. Vedete, quando ci si ritrova tra le mani un’innovazione di questa portata, si finisce per mettere in discussione tutto. Sogno una svolta epocale. Il decreto Balduzzi parla di cure gratuite e proibisce di commercializzarle. Sì, è vero, avevo depositato richieste di brevetto in vari Paesi europei e negli Stati Uniti, ma poi le ho ritirate». A che punto è l’indagine del pubblico ministero Raffaele Guariniello, che vi ha bloccato la scorsa primavera? Teme un rinvio a giudizio? «Guariniello afferma di avere concluso l’inchiesta, ma noi non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione ufficiale. E nessuna richiesta di rinvio a giudizio. Nel frattempo, però, quel che è successo a noto a tutti: il Tar di Brescia ha accolto i nostri ricorsi e quello degli Spedali Civili, e ha convinto il ministro della Salute Renato Balduzzi a invertire la rotta. La mia terapia ha già prodotto una legge: non vi sembra un successo che va al di là delle migliori previsioni?».