Ora che la Champions è tornata ad essere un sogno, perché nella realtà c’è soltanto il campionato da condurre in porto, ad Antonio Conte non resta che fare la conta di quanto manca per liberare il frigo dallo champagne. E al netto del fatto che con quattro vittorie lo scudetto numero 31 sarà in ghiaccio, il tecnico dà una scorsa ai colleghi affrontati in carriera e scopre che la trasferta di lunedì nella Roma biancoceleste gli prospetta la possibilità di conquistare un altro primato. Vladimir Petkovic , infatti, è l’unico allenatore imbattuto nel faccia a faccia col leccese.

Il laziale in 3 gare ha sempre ingabbiato la Juve: il bianconero studia la sua vendetta

Tre incroci in questa stagione, mai un sorriso: 0-0 in campionato allo Stadium il 17 novembre dopo 90 e passa minuti di assalti all’arma bianconera, frenati da unMarchetti paratutto oltre che da una Juve sprecona; 1-1 ancora a Torino, andata della semifinale di Coppa Italia, con un altro show del portierone ospite e la rete di Stefano Mauri nel finale di gara, a ribadire che la Lazio pare essere tornata la bestia nerissima dei tempi dello scudetto soffiato in volata 12 anni e mezzo fa; 2-1 nel ritorno con polemiche assortite per l’arbitraggio del livornese Banti e pure per quel gol di Sergio Floccari nel recupero che ha impedito ai campioni d’Italia di giocarsi la finale ai supplementari.
IN COMUNE Ma il duello Conte-Petkovic va al di là di una rivalità in cui il bosniaco ha sempre saputo incartare la brama di successo del rivale, impedendo agli uomini-chiave bianconeri di fare la storia del match. No, dietro il Monday Night si nascondono possibili punti di convergenza tra i due tecnici. Entrambi, per esempio, sono attenti ai minimi dettagli nella preparazione di una partita, cercando di capire come “cuocere a dovere” l’avversario di turno. Di più, vantano la stessa considerazione del gruppo: sono tutti sullo stesso piano. E persino in ottica mercato, si scopre che Juve e Lazio condividono un oggetto misterioso, sdoppiabile nelle figure di Louis Saha per i biancocelesti, Nicolas Anelka per i bianconeri. Arrivati a parametro zero, a rischio entrambi di un “taglio” a fine stagione perché esclusi dai progetti di Lazio e Juve per il prossimo futuro.
IL MODELLO E proprio in questi giorni in cui l’eliminazione bianconera dalla Champions ripropone il dibattito sul ruolo dei club italiani in un contesto europeo di profonda crisi economica, il tecnico multilingue (ne parla

Il bosniaco è un duro dal cuore tenero. E come il rivale, concepisce solo la vittoria: «Io firmerei per l’1-1? Non esiste»

otto, compreso un ottimo italiano) e dalla triplice cittadinanza (bosniaca – è nato a Sarajevo – croata e svizzera) può venire incontro al momento non facile vissuto dalla Juve. Perché al grido d’allarme della coppia Conte- Marotta (sulla falsariga del «ci sono pochi soldi, il top player per ora non arriverà, con 2-3 acquisti non si vince la Champions»), Petkovic risponde con alcuni concetti, ribaditi a più riprese in precisi frammenti di pensiero: «Il calcio low cost non mi spaventa», «Con i giovani si può vincere», «Anziché spendere tanto per i giocatori costosi, meglio sfruttare le risorse che si hanno a disposizione», «Non conta il campione ma il collettivo». Aggiungendo, quale modello da seguire, quel Borussia Dortmund che non a caso è il club più virtuoso in Europa nel rapporto stipendi/fatturato. E un sostantivo connota il pensiero di entrambi: «sacrificio». Il che, detto da un ex magazziniere della Caritas al pari di colui che da solo ha scalato difficoltà su difficoltà arrivando ai primi trionfi dopo solo 6 anni di attività, è tutto dire.
SIMPATIA Anche lunedì, nel quarto incrocio stagionale (il primo dopo essere stati esclusi in 24 ore dalle rispettive Coppe), il confronto promette scintille. Perché Petkovic e Conte non solo non conoscono la parola «sconfitta», ma neppure «pareggio». «Firmare per l’1-1? Non esiste, io gioco sempre per vincere», l’ultima postilla di Petko. L’orgoglio di un duro dal cuore tenero, dalla battuta facile, dall’umanità unanimemente riconosciuta: dicono che nel gruppo laziale, al netto dei casiDiakité Cavanda (due che al bosniaco avrebbero fatto sicuramente comodo), il mister risulti parecchio simpatico, perché spesso sa alternare leggerezza e divertimento alla pressione psicologica del mestiere. Dicono pure che l’uomo nato in Bosnia, ma cresciuto in Svizzera dove si rifugiò prima che deflagrasse la guerra nei Balcani, sia un appassionato di libri gialli: a Conte l’onere di scrivere uno degli ultimi capitoli di un dominio in campionato che è già storia. Il titolo è in stampa: “La vendetta”.