«Io non mi faccio usare da nessuno» ringhiava ieri pomeriggio Umberto Bossi. Che così vuol smentire di essere tirato per la giacca da un pugno di fedelissimi, quel cerchio magico che secondo i maronianiè duroamorire. Il giorno dopo Pontida il Senatur resta nervoso. Idem l’ex ministro dell’Interno, che è intervenuto a sorpresa su RadioPadania annunciando la mano pesante contro i contestatori del pratone. «Si sono prestati al gioco» di chi rema contro, ha tuonato. Nel mirino ci sono soprattutto i veneti. Tra loro l’ex deputata Paola Goisis e il consigliere regionale Santino Bozza, che di fatto è già fuori dal Carroccio. «Si è trattato di una decina di persone» minimizza Maroni «dieci persone su ventimila presenze che non rappresentano certo un’altra Lega: la Lega è unica e loro erano soltanto dieci pistola. A me nonpiacciono le piazzate e coloro che si sono prestati a questo gioco subiranno le conseguenze di questa provocazione». Parole dure. Pronunciate prima di incrociare Flavio Tosi al Vinitaly di Verona, dove ha fatto capolino pure Luca Zaia. E proprio dal governatore è arrivato un altolà alle purghe: «L’intelligenza ci porta a dire che certe situazioni non possono essere gestite con provvedimenti disciplinari ». Per Zaia, «si deve guadare con concretezza al fatto che ci deve essere rispetto delle regole da parte di tutti e dall’altro di evitare di arrivare sempre al provvedimento ». Però l’unico ammorbidimento potrebbe esserci in Lombardia. Non in Veneto. Tosi non ha gradito le contestazioni di chi s’è opposto al commissariamento della provincia di Venezia, una delle scelte che hanno motivato i fischi di Pontida. Per la Lombardia, sarà importante il consiglio nazionale di domani. Inizio alle 18,30. Settimana scorsa Gianni Fava aveva invocato provvedimenti contro Marco Reguzzoni, molto critico con alcuni commenti su Facebook. Però l’ex capogruppo alla Camera, assente domenica per un attacco influenzale, non dovrebbe subire punizioni. A rischiare di più, a questo punto, c’è l’ex consigliere regionale Giangiacomo Longoni. È stato individuato tra i contestatori di Pontida. Alcuni tra i fedelissimi di Bossi attaccano: «Non è come diconoi maroniani. Non sono i suoi fedelissimi a spingere Umberto a rovesciare il tavolo. È lui che trascina gli altri, quasi fa capire che vuole fare dell’altro». Cioè un nuovopartito. «Ma alla fine non credo ne avrà la forza» commenta un bossiano. E quando parla di «forza » pensa soprattutto a quella economica. «C’è del malcontento » ha ripetuto anche ieri il Senatur, che è tornato a parlare di maggiore democrazia interna. Obiezione dei presenti: anche tu,Umberto, non è che avevi in grande simpatia chi non la pensava come te. Risposta: «Ma io sono io!». Il compito di Maroni è quindi ricucire e mediare, anche se non è facile dividersi tra la regione Lombardia e il partito. «Alcuni giornalisti continuano a sostenere l’in – sostenibile» accusa Bobo. «Non possono accettare che la Lega sia tornata al centro della scena politica. Speravano sparisse come l’Udc, l’Idv, Sel, Fini e Casini, ma invece la Lega c’è ed è determinante. Le cose che scrivono i giornali, le speranze di qualche redazione o giornalista un po’ stram – palato mi lasciano del tutto indifferente ». A proposito di giornalisti, è l’ex direttore de la Padania Stefania Piazzo a rivelare alcuni aspetti del post-Pontida. Sul quotidiano online Piazzo la Notizia dà conto di possibili querele tra militanti coinvolti nel parapiglia sotto il palco. Con una pattuglia di bossiani armati di striscioni anti-Maroni e fischietti fronteggiati dagli altri militanti, in testa esponenti del Movimento giovani padani fedelissimi del segretario e del leader lombardo Matteo Salvini. Nel gruppo di bossiani c’erano alcuni esponenti di Io Cambio, il partito fondato dall’ex presidente del Carroccio Angelo Alessandri. E in internet girano le immagini di una bandiera con la faccia dell’Um – berto gettata nel fango. «Fratelli coltelli» titola la Piazzo, che racconta di «tensioni» e di un Bossi reso «inaccessibile alla stampa». «I problemi interni si risolvono con l’unità» sembra smorzareBoboin serata. Sembra. Perché ripete che «pistola» ed «ex leghisti» hanno scatenato la «contestazione microscopica ». Qualche espulsione sembra inevitabile. Le agenzie fanno rimbalzare l’apertura del maroniano Gianluca Pini a Emma Bonino per il Quirinale. I bossiani scuotonola testa. Forse hanno individuato il prossimo fronte polemico.