Quando i carabinieri sono andati a prenderlo nell’appartamento di Nettuno che divide con un gruppo di connazionali, Kumar Raj aveva già capito che per lui era finita. E poche ore più tardi, nella caserma di Aprilia, il manovale indiano di 36 anni ha confessato con un filo di voce di essere il killer di Francesca Di Grazia e Martina Incocciati. «Sì, le ho uccise io», ha detto Raj al pm Giuseppe Miliano e agli investigatori del colonnello Giovanni De Chiara che gli avevano appena mostrato il certificato di matrimonio del 13 dicembre 2008 nel quale risultava sposato proprio con la donna accoltellata a morte con la figlia diciannovenne nel loro appartamento al primo piano del residence «Le Magnolie» di Borgo Flora, a Cisterna di Latina. Un colpo di scena che nemmeno i carabinieri si aspettavano nelle indagini-lampo sulla mattanza scoperta sabato sera. In un primo momento avevano pensato a un omicidio-suicidio, poi — anche con l’aiuto del Ris e della sezione Crimini violenti del Ros—è emerso un quadro completamente diverso: Francesca — che aveva 57 anni — e la giovane Martina erano state uccise. Non da un rapinatore—la casa era in ordine, la porta e le finestre senza segni di scasso —, ma da Raj, secondo marito della cinquantenne (si erano sposati in un villaggio nel nord dell’India) fino al 2011 quando si erano separati. Lui era andato a vivere con alcuni amici a Nettuno, lei (in passato già stata moglie di un italiano che ora lavora in Perù) aveva trovato un’altra casa— 400 euro al mese d’affitto —con Martina. Ma la coppia era rimasta in contatto. Anzi, per i carabinieri era molto di più di una semplice frequentazione. Il movente del duplice omicidio sarebbe proprio collegato a un giro di permessi di soggiorno per i parenti dell’ex marito: secondo gli investigatori Francesca Di Grazia, colf e cartomante — «ma non se la passava bene e aveva bisogno di soldi», raccontano i vicini —, si sarebbe prestata, dietro compenso, ad assumere badanti indiani. Da qualche tempo però Raj non le avrebbe versato il dovuto— 8 mila euro—che la donna continuava a reclamare. «Forse—ipotizzano gli investigatori — l’indiano temeva che la vittima prima o poi avrebbe raccontato tutto e ha perso il controllo». E i tabulati telefonici delle ultime ore di vita della donna dimostrerebbero i continui contatti fra i due. L’aggressione, selvaggia e improvvisa, è scattata all’alba di sabato. Raj si è recato dall’ex moglie con la quale avrebbe discusso ancora una volta. Colto da un raptus ha afferrato un grosso coltello dalla cucina e ha colpito alle spalle la cinquantenne che stava facendo il caffè. Un unico fendente, fra la schiena e il collo, e la cartomante è crollata sul pavimento con un rantolo. Il trambusto ha svegliato Martina, che dormiva nella sua camera: la giovane si è alzata, è corsa in corridoio ma si è trovata davanti l’indiano che le è saltato addosso. La ragazza, secondo la ricostruzione dei carabinieri, ha lottato con tutte le sue forze e ha graffiato in faccia l’aggressore. Ha anche cercato di nascondersi sotto il letto, ma Raj l’ha afferrata per il pigiama e per i capelli trascinandola fuori e massacrandola a coltellate. Il medico legale ha contato quattro fendenti mortali alla gola. Prima di fuggire Raj si è lavato le mani insanguinate in uno dei due bagni ed è uscito sicuro che — erano le 6.40 — nessuno si sarebbe accorto di lui. È salito sullo scooter, ha gettato il coltello in un canale (dove è stato recuperato) ed è andato ad Aprilia dove, per un paio d’ore, ha girovagato nel mercato cittadino. Poi è tornato a casa, a Nettuno, dove ha pulito gli indumenti ancora sporchi di sangue. «A noi — racconta uno dei coinquilini, Lal Kashmirj — ha detto che era ferito in faccia perché la notte di venerdì avevano cercato di rapinarlo puntandogli la pistola alla testa». La stessa cosa ha tentato di ripetere ai carabinieri, ma la messinscena è durata poco. Rinaldo