Non aveva ancora compiuto due anni la piccola Matilda Borin quando il 2 luglio 2005 è stata uccisa. L’assassino ha infierito sul corpo della bambina di 22 mesi spappolandole il fegato, un rene e le costole. Dopo sette anni di processi e sentenze, il colpo di scena: a uccidere Matilda sarebbe stato Antonio Cangialosi, all’epoca convivente della mamma della bambina. Il giorno dell’omicidio nella casa di Roasio, un piccolo centro in provincia di Vercelli, c’erano solo la madre, l’ex hostess Elena Romani e il suo convivente. Quella che al momento è un’indicazione di «presunta colpevolezza» e che ha consentito la riapertura delle indagini, viene dai giudici della Cassazione che nelle motivazioni riguardo all’assoluzione della madre, in un primo tempo accusata di omicidio preterintenzionale, scrivono: «Il trauma fu prodotto alla piccola Matilda verso le ore 16,20, durante l’assenza della Romani che si era portata nel cortile per stendere all’aria il cuscino lavato. Ogni altra prospettazione si offre come incompatibile con la versione fatta propria dai giudici di merito». E a quell’ora, in casa con Matilda, c’era solo Antonio Cangialosi, in quanto Elena Romani era in cortile dopo aver lavato e steso i panni imbrattati dal vomito della bimba che poco prima si era sentita male. All’epoca, nel mirino degli inquirenti finì la madre, accusata di aver ucciso la figlia con un calcio. Contro di lei una frase catturata da una cimice mentre la donna era sola in auto: «Matilda, cosa ti ho fatto?» e un’impronta sul corpo della piccola che poteva corrispondere al tacco di una scarpa della Romani. Il convivente, invece, fu prosciolto, anche in considerazione del suo comportamento nelle ore e nei giorni seguenti l’omicidio: fu lui a dare l’allarme e a chiedere che si eseguisse l’autopsia. L’inchiesta partì proprio dalle accuse che Cangialosi rivolse al 118 per la lentezza nei soccorsi. Nel frattempo Elena Romani è stata processata e assolta in primo grado dai giudici della Corte d’Assise di Novara, ma la formula era dubitativa e rimandava all’insufficienza di prove. Nel 2009, viene assolta anche in secondo grado dalla Corte d’Assise d’Appello di Torino, ma questa volta con formula piena e «per non aver commesso il fatto». L’anno scorso, infine, la sentenza definitiva della Cassazione. Ma nelle motivazioni gli ermellini vanno oltre e ricostruiscono la morte di Matilda indicando il possibile omicida. Per questo la procura di Vercelli ha chiesto di riaprire il caso e ieri il gup Giorgio Potito ha concesso ai pm 6 mesi per concludere l’indagine. Il capo d’accusa ipotizzato è ancora omicidio preterintenzionale. Già nel 2000 Cangialosi (contro il quale ci sono anche le testimonianze di alcune amiche della Romani: «Antonio aveva un pessimo rapporto con Matilda, la trattava in modo brutale»), finì al centro di un’inchiesta giudiziaria, ma fu poi scagionato, per l’omicidio della moglie.