La fuga dell’assassino del gioielliere di Brera si è conclusa nella camera di un albergo a due stelle di Marbella, in Spagna. Ivan Gallo, disoccupato incensurato di 39 anni originario di Cesano Boscone (Milano), si era nascosto a duemila chilometri di distanza da quel negozietto in via dell’Orso 3 che aveva provato a svaligiare giovedì scorso e dove aveva ammazzato a sangue freddo l’anziano titolare Giovanni Veronesi. Pensava di essere al sicuro ma i carabinieri loavevano individuato già ventiquattrore dopo l’omicidio. A tradirlo era stata una telecamera dell’albergo che si trova accanto alla gioielliera, che lo aveva immortalato all’entrata e all’uscita mezz’ora dopo. Ai militari e al procuratore aggiunto Alberto Nobili non è sfuggito che aveva indossato il giaccone della vittima per coprire le macchie di sangue, portando con sé anche il suo cellulare. Seguendo le celle telefoniche hanno intercettato Gallo, hanno tracciato i suoi spostamenti attraverso la Francia fino in Spagna, dove è arrivato utilizzando solo mezzi pubblici. Nelle immagini lo si vede allontanarsi con un contenitore sotto al braccio, all’interno del quale erano custoditi i gioielli trafugati dopo l’aggressione. Parte di quei preziosi è stata ritrovata nella camera dell’albergo spagnolo, mentre il resto era stato già venduto,come dimostrano i duemila euro trovati nelle sue tasche. Alla fine, dopo tante polemiche relative all’emergenza sicurezza in città, si è scoperto che la criminalità non c’entra – va nulla. Dietro la morte dell’orefice c’era una storia di fallimenti personali e disperazione privata. Gallo era disoccupato da tempo, sfrattato, con un matrimonio finito alle spalle, una figlia piccola a cui badare e due tentativi imprenditoriali che dalle visure camerali risultano cessati e cancellati. Una storia comune a tanti in questa Italia in preda alla crisi, che ha rotto gli argini del dramma per diventare tragedia. L’uomo era stato licenziato da poco da una ditta che si occupa di sistemi di sorveglianza; allontanato, secondo gli investigatori, perché scoperto a rubare in diverse occasioni, al punto da minare la fiducia del datore di lavoro. Stanco dei fallimenti, era deciso a riprendersi la vita a tutti i costi e così ha pensato a un colpo semplice e remunerativo: svaligiare la gioielleria di Veronesi al quale mesi prima aveva installato le telecamere di sicurezza nel negozio. Lo considerava un uomo ormai vecchio, ricco e con tutto da perdere, che non avrebbe mai reagito a una rapina. E invece si sbagliava. Nonostante i suoi 74 anni, l’orefice era cintura nera di judo e non aveva alcuna intenzione di arrendersi alle minacce del bandito improvvisato. Solo un punto del piano di Gallo ha funzionato, ovvero come entrare nel negozio. Tutti sapevano che Veronesi era una persona esperta del lavoro in strada, diffidente al punto da non aprire la porta agli sconosciuti o alle facce che non lo convincevano. Ma Gallo era un viso noto, se lo ricordava, e gli è bastato dire che doveva effettuare un controllo alle apparecchiature per farsi aprire. Una volta all’interno ha recitato il resto del copione, ma alla reazione improvvisa del titolare è scoppiata una colluttazione durante la quale l’ex operaio lo ha prima ferito tre volte al torace con un punteruolo e poi, all’apice del raptus, lo ha colpito due volte (quelle fatali)con un oggetto ancora da identificare. Secondo gli inquirenti potrebbe essere la statuetta che tutti ricordano di aver visto sulla scrivania di Veronesi.Undettaglio fornito dalla compagna e dalla figlia, alle quali è stato mostrato subito il filmato nella speranza che potessero dare un nome a quella figura. Gallo era tranquillo, sapeva di essere uno sconosciuto per loro e per questo quando i militari hanno bussato alla porta della sua stanza è rimasto senza parole.