Lascia qualche cuore infranto, un gruppo di amici, una casa e una città, Verona, dove è arrivato da detenuto, dove si è poi stabilito da uomo libero, studente di robotica all’Università scaligera, e dove conta di tornare per gli ultimi quattro esami del corso di laurea magistrale in Ingegneria e Scienze informatiche. Prima della doccia fredda della sentenza della Cassazione, Raffaele Sollecito, che proprio ieri ha compiuto 29 anni, aveva già programmato tutto: un veloce passaggio al paesello d’origine, Giovinazzo (Bari), per le vacanze pasquali e poi via, all’estero, probabilmente Lugano, a rincorrere un sogno: aprire una società di «sicurezza informatica ». Idea che ha avuto anche il placet di un docente di Verona, Roberto Segala, l’ex presidente del corso di laurea che lo ha introdotto agli ambienti universitari, un po’ il suo mentore veronese. Ieri mattina Sollecito ha chiamato lui, Segala, per ribadirgli le sue intenzioni: «Non si aspettava un esito negativo. “Pensavo fosse stato tutto chiarito”, mi ha detto. Andrà via comunque, con quel progetto molto bello che vuole realizzare». Sollecito ha atteso la Cassazione con le valigie in mano e qualcuno ha pensato alla fuga. «Ma quale fuga, io pensavo alla conferma dell’assoluzione — ha spiegato lui a un amico —. In ogni caso la Svizzera non mi sembra un paese dove fuggire, non è il Brasile». Perché l’estradizione di un italiano dalla Confederazione elvetica non è difficilissima. «Piuttosto io avrei voluto parlare oggi di giustizia italiana che ha finalmente accertato la verità. In ogni caso non rinuncerò a dare battaglia perché questo avvenga», ha assicurato sempre per interposta persona, ricordando che lui non può fare dichiarazioni ai giornalisti, che ha un vincolo di esclusiva con un editore americano. Ieri Sollecito era ancora a Verona, a casa di amici, dove ha trovato il modo di arrabbiarsi quando ha letto le dichiarazioni di una supposta fidanzata veronese che parlava, appunto, di Lugano (la stessa ragazza al Tg3 Veneto ha detto che Raffaele «si è sentito con Amanda Knox, vedranno cosa fare»). «Non ho fidanzate », si è risentito, ma più per quel «Lugano» che per il preteso rapporto sentimentale. All’università è atteso per i saluti a compagni e docenti. «Abbiamo parlato spesso della sua vicenda giudiziaria e un’idea me la sono fatta—precisa il professor Segala —. Penso sia stato un po’ ingenuo e un po’ fregato, che quelle sue dichiarazioni volontarie siano state strumentalizzate. Ma è solo l’idea di un docente che non vuole di certo sostituirsi alla giustizia». Al professore Sollecito ha regalato una copia del suo libro, Honor Bound, uscito a dicembre e scritto in inglese con il giornalista americano Andrew Gumbel. Un’altra copia l’ha data alla biblioteca universitaria, dove è stata inserita fra un manuale di matematica e l’altro. La versione di Sollecito sul delitto di Meredith Kercher ha interessato anche la bibliotecaria: «Sì, me lo sono letto e devo dire però che non ho capito quale sia la verità»