Francesco decollerà in elicottero a mezzogiorno di oggi, appena un quarto d’ora di volo, e sarà la prima volta nella storia bimillenaria della Chiesa che un Papa se ne va serenamente a pranzo dal predecessore, Benedetto XVI, a Castel Gandolfo, ripercorrendo la stessa rotta di Ratzinger nell’ultimo giorno del suo pontificato, il 28 febbraio. Del resto il legame tra il Papa e il Papa emerito è più profondo di un pranzo, proprio ieri Francesco citava la «dittatura del relativismo» denunciata dal «caro e venerato Benedetto XVI» per esortare a combattere sia la miseria propriamente detta, «quanti poveri ci sono ancora nel mondo!», sia la «povertà spirituale» che colpisce «anche i Paesi più ricchi». È un discorso importante quello che Francesco — dopo aver celebrato messa a Santa Marta per i giardinieri e i netturbini del Vaticano— ha pronunciato «come un abbraccio del Papa al mondo» davanti agli ambasciatori presso la Santa Sede: un’apertura di dialogo planetaria, dall’Islam ai non credenti a Paesi come la Cina, perché «il dialogo tra noi aiuti a costruire ponti fra tutti gli uomini ». La parola «Pontefice» significa proprio «colui che costruisce ponti con Dio e con gli uomini », ha spiegato, e alla Chiesa «sta a cuore il bene di ogni uomo su questa terra». Così il Papa si è rivolto a «quei pochi Paesi che ancora non intrattengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede» dicendo di sperare sia «l’occasione per intraprendere un cammino» insieme. E poi c’è l’esortazione a «intensificare il dialogo tra le varie religioni»: «Penso anzitutto a quello con l’Islam, e ho molto apprezzato la presenza, durante la messa d’inizio del mio ministero, di tante autorità civili e religiose del mondo islamico». Tra l’altro è significativo il telegramma di congratulazioni al Papa e ai «fratelli cattolici di Occidente e Oriente» inviato a Francesco da Ahmed el Tayyeb, il grande imam dell’università al-Azhar del Cairo, massima istituzione dell’Islam sunnita, dopo due anni di gelo. I testi della Via Crucis di venerdì al Colosseo sono stati scritti da giovani del Libano guidati dal patriarca Béchara Boutros Raï: meditazioni contro il «fondamentalismo violento» e per il «rispetto della libertà religiosa » in modo che «le religioni si mettano insieme per servire il bene comune». L’idea di «costruire ponti», commentava «con gioia» la presidente della Camera Laura Boldrini, «è un segno di eccezionale modernità». Del resto il Papa ieri è tornato a spiegare di aver scelto il nome di Francesco d’Assisi per il suo «amore per i poveri» e l’«edificazione della pace» e ha scandito: «Non vi è vera pace senza verità». Una verità, spiegava ieri alla Radio Vaticana il grande teologo Bruno Forte, che è intesa «soprattutto come amore» e per questo «chiama al dialogo fra le religioni e tutti coloro che hanno a cuore la causa dell’uomo». Così Francesco dice: «Non si possono costruire ponti fra gli uomini dimenticando Dio». Ma aggiunge che «vale anche il contrario: non si possono vivere legami veri con Dio ignorando gli altri». Per questo è importante «intensificare il confronto con i non credenti», ha aggiunto: «Affinché non prevalgano mai le differenze che separano e feriscono, ma, pur nella diversità, vinca il desiderio di costruire legami veri di amicizia tra tutti i popoli».