Quando Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, è apparso sul balcone di piazza San Pietro, presentandosi con il nome di papa Francesco, la folla è esplosa in un applauso liberatorio. Ci voleva un uomo speciale, come il nuovo Pontefice, per superare quell’inconfessato senso di abbandono da cui erano stati colpiti i fedeli dopo le dimissioni di Benedetto XVI. E lui, già al primo impatto, s’è proposto come un padre: al tempo stesso affettuoso e autorevole, pronto a guidarci sulla via della fede, da cui, soprattutto in questo periodo di ansia e insicurezza, sarebbe facile allontanarci. Nel suo primo Angelus, il Santo Padre ha confermato l’intenso scambio emotivo con il suo popolo. «Pregate per me», ha chiesto con umiltà, per poi rifarsi alla parabola dell’adultera che Gesù salvò dalla lapidazione. Un esempio per invitare tutti alla misericordia, a imitazione di quella di Cristo. «Lui non si stanca mai di perdonarci, siamo noi che talvolta ci stanchiamo di domandare perdono, approfittando della sua pazienza », ha osservato papa Francesco. Parla con la gente quasi come se fosse una persona di famiglia. Ha spiegato di aver scelto il nome del Santo Patrono d’Italia grazie all’arcivescovo di San Paolo, Claudio Hummer, che, al momento dell’elezione, gli ha raccomandato di non dimenticare i poveri. «Allora ho pensato subito a San Francesco d’Assisi, che si era sempre speso per loro, ricordando anche il suo impegno verso la pace», ha raccontato il Papa argentino. Così umile che, rientrando in Vaticano dopo l’elezione, ha rifiutato la limousine, viaggiando su un pulmino con i cardinali. Porta un crocifisso di ferro, non d’oro È evidente che inizia su queste basi l’“era Bergoglio”, vissuta con autentico spirito evangelico, nel rifiuto anche dei simboli del potere papale. Il nuovo Pontefice indossa comode scarpe marroni, invece dei mocassini rossi usati dai suoi predecessori, e al collo porta un crocifisso di ferro, al posto di quello d’oro, abituale anche per i cardinali. Pare addirittura che, nel rifiutare la mantellina rossa, detta mozzetta, abbia esclamato sorridendo: «Non siamo mica a Carnevale!». Il padre del Pontefice, Mario José Bergoglio, era un ferroviere di Portacomaro, nell’Astigiano: ai primi del Novecento, come tanti italiani poveri, emigrò in Argentina. La mamma, Regina Maria Sivori, era una casalinga, nata nel Paese sudamericano, ma di origini liguri e piemontesi. Giovanissimo, a causa di una grave infezione, papa Francesco ha subito l’asportazione di parte di un polmone. Per questo, oltre che per l’emozione, al momento dell’investitura ha dimostrato un po’ di affanno nel recitare il Padre Nostro. Ha lavato i piedi ai malati di Aids Bergoglio entrò in seminario per poi iniziare con gioioso fervore il suo percorso ecclesiastico: senza ambizioni personali, animato solo dalla devozione incondizionata a Dio e dall’impegno nell’aiutare chi soffre. A Buenos Aires, raccontano i suoi collaboratori, si recava personalmente nei quartieri più poveri, sempre pronto a prodigarsi per gli altri. Come ricordano i cartonados: i tanti disoccupati che passano la notte raccogliendo cartoni per poi rivenderli a pochi soldi. Con loro, talvolta, il futuro Papa divideva anche i miseri pasti. Un’assistenza importante la sua, basata sui fatti e anche sul sostegno morale. Ricca di quello spirito di condivisione così importante nella disperazione. La stessa dei malati di Aids, ai quali l’allora cardinale Bergoglio ha lavato i piedi con tenerezza. Se San Francesco non esitò a spogliarsi di ogni suo bene per donarlo ai poveri, simbolicamente lo ha fatto anche il nuovo Pontefice: è abituato a viaggiare con i mezzi pubblici; e a Buenos Aires abitava in un modesto appartamento accudito da una domestica a ore, si cucinava da solo i pasti. E, se vogliamo restare nei parallelismi, è impossibile non ricordare la visione che ebbe il Santo di Assisi, al quale il Signore apparve per annunciargli: «Tu costruirai la mia Chiesa». In una Chiesa molto travagliata Questo l’invito che viene rivolto ora a papa Francesco, se non per costruire, certamente per “ricostruire” una Chiesa travagliata da una serie di scandali e di lotte di potere. Un argomento di cui papa Francesco parlerà presto con Benedetto XVI. Intanto, ha chiesto ai fedeli di pregare proprio per Ratzinger. Il Santo Padre è consapevole delle difficoltà. Ma a sostenerlo c’è prima di tutto l’amore della gente. Si aggrappa a lui come a un’ancora di salvezza; preoccupata, per quanto riguarda l’Italia, da una situazione politica in cui sembra mancare una volontà comune di risanare il Paese. Sforzo che, invece, la Chiesa è stata capace di fare, grazie alla scelta di un Papa destinato a cambiare la storia. Come? Con un nuovo Concilio, come auspica don Antonio Mazzi, ma soprattutto con le formidabili armi dell’umiltà e della fede, nel dono totale di sé a Dio. È un innovatore, spiega chi lo conosce bene, però su alcuni punti (per esempio, giudica inammissibili i matrimoni gay) è rigorosissimo. Ma sa, e dice, che chi sbaglia può confidare sempre nell’infinita bontà del Signore: la misericordia che, afferma papa Francesco, rende il mondo «meno freddo e più giusto ». È proprio questo il tacito messaggio lanciato con il suo crocifisso di ferro: così povero eppure tanto prezioso, nella sua spoglia semplicità.