«Neanche se cammina sui ceci, Bersani avrà la nostra fiducia». Discorso chiuso. Più o meno. Perché a parlare è il portavoce del Movimento 5 Stelle al Senato Claudio Messora. Non Beppe Grillo. E finora s’è visto che anche l’ex comico ha difficoltà a contenere l’insubordina – zione della sua truppa parlamentare. Ma “Gargamella” proprio no. Non si può votare. Mai: «Bersani è stato bravo, ha fatto una mossa astuta con Boldrini e Grasso, ma il Movimento non darà mai la fiducia a un governo guidato da lui. Nemmeno se adotta il nostro programma», taglia corto Messora. Una brutta notizia per Pier Luigi Bersani. Non l’unica, per la verità. Impegnato nell’elezione del capogruppo del Partito democratico a Montecitorio, il segretario ha subìto una imbarazzante battuta d’arresto. Il suo candidato, Roberto Speranza, è stato eletto con 200 voti su 297. Nel segreto dell’urna Bersani si è perso un terzo dei suoi. Chi ha votato scheda bianca, chi l’ha annullata, chi ha disperso il proprio voto. Brutt’affare. Proprio nel momento in cui Pier Luigi deve presentarsi al Quirinale vestito della massima credibilità personale per uscirne con l’incarico a formare il governo. La delegazione democratica salirà al Colle domani. Mentre oggi Giorgio Napolitano avvierà le consultazioni con i presidenti della Camera e i gruppi politici numericamente più piccoli. Giovedì mattina Re Giorgio vedrà il Movimento 5 Stelle, poi Pdl e Lega insieme, e infine il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi. Pausa alle 13. Ripresa alle 18, con il Pd. Partito in cui c’è tanto fermento. Che stride con l’unanimismo di facciata, il “tutti con Bersani”. E che fuoriesce alla prima occasione (vedi il voto segreto di ieri alla Camera). Per non parlare dei toni con cui il grande antagonista interno Matteo Renzi parla del segretario: «Bersani? Io mi occupo di cose concrete…». Mail candidato premier del Pd tira dritto, è convinto del fatto suo. Dice di avere i numeri, dice. Anche a Palazzo Madama. Ai 123 senatori del Pd, Bersani somma i 21 di Scelta civica e 15-20 “disobbedienti” grillini. Insomma il segretario democratico è persuaso di poter sfondare quota 158, arrivando sopra i 160. È interessato a incassare la fiducia. Poi si vedrà. Conquistando il voto dei senatori di volta in volta con la forza delle proposte politiche. Ma nel Pd si valutano anche alternative. Visto che il “metodo Grasso” ha funzionato una volta, portando all’elezione di un presidente del Senato indicato dai democrats, perché non riproporre l’ex capo dell’Anti – mafia anche per Palazzo Chigi, visto che piace tanto ai grillini? Ecco, questa è una ipotesi concreta. Che neanche il M5S scarta a priori. Il portavoce Messori non chiude all’ipo – tesi di un governo composto da “grandi personalità”: «Vedremo, lo decideranno deputati e senatori. Ma la fiducia una volta che la dai è un casino, poi toglierla è complicato». Quello che hanno intenzione di fare i grillini lo diranno domani Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio al Quirinale, accompagnando i capigruppo del M5S. Se non dovessero crearsi le condizioni per un accordo Pd-grillini, Napolitano ha già pronta la carta di riserva. Un governo tecnico con ministri privi di connotazione politica affidato al direttore generale della Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni. Ma la partita di Palazzo Chigi si interseca anche con l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Silvio Berlusconi ha chiesto che al Quirinale sieda un moderato ed è disposto a dare via libera al governo Bersani. Ma i democratici non vogliono avere nulla a che fare con gli “impresentabili” del Pdl. Possibile allora che il Pd possa riproporre il neo eletto presidente del Senato ai grillini, eleggendo insieme Pietro Grasso come successore di Napolitano. Infine c’è la solita autocandidatura di Mario Monti. Che, fallito il ritorno a Palazzo Chigi, mancata l’elezione alla presidenza del Senato, adesso punta tutto sul Quirinale. Facendo arrabbiare le varie anime che compongono Scelta civica: «Pensa solo ai fatti suoi».