Va verso la folla sorridendo, senza alcuna esitazione, stringe tutte le mani che si protendono verso di lui, gettando nel panico gli uomini della sicurezza. Riconosce tra la gente due giovani sacerdoti argentini e li chiama a sè, li abbraccia, e li accompagna all’interno della piccola chiesa parrocchiale di Sant’Anna, dentro le mura Vaticane, dove sta per celebrare la messa assieme ai cardinali Angelo Comastri e Prosper Grech. Uno dopo l’altro papa Francesco rompe i cardini dei rigidi cerimoniali della Santa Sede, tanto che, al termine della celebrazione, rischia persino di fare tardi all’Angelus: si ferma a salutare, con indosso ancora i semplici paramenti sacerdotali, ciascuno dei fedeli che si sono raccolti nella chiesetta, poi si dirige verso le transenne oltre i cancelli vaticani e “sconfina” in territorio italiano su via di Porta Angelica, mentre la folla lo acclama. Francesco benedice i bambini: «Pregate a favore, non contro di me…» dice loro. «Non abbiate paura» risponde citando Giovanni Paolo II, a un giovane sacerdote che gli dice: «Padre Santo noi studiamo per andare in Cina». È un lungo, affettuoso abbraccio tra la gente e il Papa che non ama il protocollo. Che poco dopo essere stato eletto ha telefonato personalmente al suo dentista in Argentina per ringraziarlo dei complimenti. Che mercoledì notte, dopo le emozioni del Conclave, si è preoccupato di mandare gli auguri, scritti a mano, ai sei nuovi diaconi della parrocchia di San Benito a Buenos Aires, firmandosi: «AffectuosamenteFrancisco ». Quando alle 12 appare alla finestra della Terza Loggia, doveil drappo papale è ancora senza stemma, la folla esplode entusiasta in urla, applausi. In piazza San Pietro, «che grazie ai media ha le dimensioni del mondo» dice, e lungo via della Conciliazione si sono radunate 150mila persone (più di 300mila secondo il Comune). «Buongiorno» saluta. È il giorno in cui il Vangelo racconta la parabola dell’adultera, per Bergoglio è il giorno in cui la Chiesa deve tornare alla misericordia. È attorno alla misericordia che ruota la sua omelia durante la messa, è della misericordia che parla alla gente, con parole semplici, senza leggere alcun testo, dal palazzo apostolico: «Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Dio non si stanca mai di perdonarci, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono. In questi giorni – racconta – ho letto un libro del cardinale Walter Kasper, un teologo in gamba, un buon teologo, sulla misericordia, mi ha fatto tanto bene. Ma non crediate – scherza – che faccio pubblicità ai libri dei miei cardinali…». Scherza ancora citando un dialogo con un’anziana donna argentina: «Mi disse: “se il Signore non perdonasse tutto il mondo non esisterebbe”. Avrei voluto dirgli: signora, lei ha studiato alla Gregoriana?!». Ricorda di aver scelto il nome del patrono d’Italia, rinnovando «il legame con questa terra dove sono le origini della mia famiglia», chiede ai pellegrini di pregare per lui,come farà poco dopo nel suo primo tweet sull’account @Pontifex. È un incontro tra un pastore e la sua gente, e si conclude come una messa di paese: «Buona domenica e buon pranzo».