La gioiosa macchina da guerra legata a ogni uscita discografica di Justin Timberlake, ovvero del golden-boy della musica che fa diventare oro tutto ciò che tocca (e canta), si è rimessa in marcia con l’uscita di 20/20 Experience, il cd che è già stato distribuito nel mondo e sarà disponibile in Italia da martedì prossimo. Il 32enne ragazzo di Memphis – la cittadina dove nacque anche un certo Elvis Presley – torna, a sette anni da Future sex/Love sounds, l’ultimo album di inediti uscito nel 2006, con dieci brani inediti che spiazzano tra afrobeat scatenato, trombe, percussioni, atmosfere Motown,rythm&blues, pop tradizionale e swing. Lo fa dimenticando le recenti e poco felici esibizioni da attore in film risibili (il più curioso è il fanta-thriller In time, le altre meglio scordarsele). Produttore in questi anni per Madonna e Rihanna, Justin ha anche inanellato invidiate love-story con Britney Spears, con Cameron Diaz la quale dopo la relazione con Justin pare non essersi più ripresa, e, buona ultima, Jessica Alba che ha impalmato due anni fa. Tornando al disco, disponibile per Sony in due versioni, una standard e una deluxe contenente dodici canzoni invece delle dieci tradizionali, c’è da dire che è il fenomeno del momento negli States e in Inghilterra dove il singolo Suit&ties (featuring Jay-Z) domina le classifiche oltre a essere in testa nella hit di iTunes di 31 Paesi. Significative le collaborazioni: Timbaland cura la produzione mentre lo stesso Jay-Z ha detto che parteciperà al prossimo tour mondiale di Justin, denominato pomposamente «Legends of the summer». 20/20 Experience è un disco di ottima fattura. Un’ora intensa di musica soul ballabile durante la quale le canzoni, della durata di 6-7 minuti ciascuna, quindi lunghissime per gli standard discografici attuali, esaltano i falsetti di Justin e gli arrangiamenti. Timberlake, uno che distilla interviste quasi fosse un capo di stato, la spiega così: «Abbiamo scelto la formula delle canzoni lunghe, anni luce distanti dal modo di lavorare di molti miei colleghi, perché sono artisticamente collegate tra loro anche se non fanno parte di un vero conceptalbum. Non è un vero racconto, non compongono una storia ma dal punto di vista sonoro abbiamo cercato di costringere chi ascolta a stare lì, dall’inizio alla fine ». Riguardando le classifiche musicali del Regno Unito che lo vedono svettare, Timberlake filosofeggia: «Fare musica mi diverte ancora parecchio, anzi è la cosa più cool che esiste. Ho 32 anni ma da 18 la penso così. Essere in uno studio discografico, con i tuoi amici e i musicisti, è ancora un’esperienza incredibile. Il cinema mi piace, la musica la amo». Il team che Justin ha messo in piedi è di livello: il suo partner Timbaland è, prima di tutto, un amico oltre che uno dei più apprezzati (e pagati) produttori della musica made in Usa: «Ha accettato di lavorare insieme a me e a Jerome Harmon sul disco ma è come un fratello per me. Con Timb condividiamo le stesse cose. Ci siamo detti: facciamo un disco che ci rappresenti, che ci riporti alla nostra musica, alle canzoni che hanno formato le nostre rispettive carriere. E sono venute fuori brani soul e pop di questo tipo. Influenzati dal passato. Anche i grilli che cantano all’inizio di Don’t cold the wall fanno parte del nostro modo di pensare». Il disco non è soltanto soul, Motown e blues. Ci sono anche momenti rilassati e sensuali. È il caso di Pusher Love Girl con atmosfere latineggianti e sexy. E poi il beat caldo di Strawberry Bubblegum, il lento That Girl che fa molto feste liceali e le sensazioni rarefatte di Blue Ocean Floor. Timberlake, dal mazzo, pesca il brano che più gli rassomiglia: «Il singolo che sta andando come un treno è Suit&ties ma forse è Mirrors a rappresentare al meglio il mio modo di fare musica». E di confermarlo, piaccia o non piaccia, il vero re del pop del nuovo millennio.