Da un lato del campo c’è quella squadra… quella che fa copertina sui quotidiani, quella che da qualche anno segna tanto e non subisce mai, coi giocatori imbellettati e le divise curate. Con gli sponsor che contano in bella vista e gli occhiolini strizzati dalla federazione. Dall’altro lato, poi, ci sono quelli di cui si parla qui. I ragazzi con le t-shirt scolorite e i numeri incollati col ferro da stiro di mamma, che conoscevano a menadito gente come Castolo o Minanda prima ancora che Messi imparasse a contare fino a dieci. E la realtà era che quei ragazzi, che il calcio lo facevano per hobby, che l’avevano imparato in un inaspettato e improbabile Sol Levante, col pallone sapevano giocarci eccome. Anche meglio di quelli che avevano la fortuna di ficcarsi gli scarpini negli spogliatoi dello Stamford Bridge invece che in quelli del Bristol Mary Stadium. E così Pro Evolution Soccer, poco altisonante, niente a che fare con l’autorevole Fédération Internationale de Football Association (ovvero la FIFA), improvvisamente si ritrovava con le stesse magliette rattoppate, dentro quello stesso Bristol Mary Stadium, ma senza più quei brillanti risultati. E Seabass era sì geniale, ma anche desueto, tanto da beccarsi l’esonero dalla squadra. Questo deve averlo capito, non senza amarezza. Il volto nuovo ora è Kei Masuda, uno decisamente meno zemaniano, di quelli cui piace guardare all’avversario invece che tirare dritto con la propria filosofia. Perché in fondo non c’è niente di male nell’ispirarsi all’avversario per fare un gioco migliore. E così R2 diventa veicolo, seppur meno ergonomico, di quello stesso speculare L2 di stampo EA, utile per tutti quegli splendidi trick da fare con un solo pollice. tunnel, run around o nel caso specifico anche perfect trap, stop di palla (come li farebbe Ibra, non Brocchi) che eviteranno di frammentare il gioco rendendolo più fluido. A voler essere puntigliosi, i giocatori continuano a non legare con estrema precisione le animazioni. Sono un po’ impacciati e hanno bisogno di scivolare qualche centimetro sul campo o a mezz’aria per entrare nella posizione ottimale di collisione col pallone, situazione particolarmente evidente nel caso di flick o sombreri di sorta osservati al rallentatore o con un’inquadratura piuttosto audace. Ma ciò che di meraviglioso ha fatto Pro Evolution Soccer 2013 è stato dotare i suoi atleti di una maggiore riflessività, evidente nella diminuita velocità globale di gioco, nello spazio dato al ragionamento, alla possibilità di fare un bel tiro a giro da fuori area, sempre grazie a quel “freno motore” che è R2, piuttosto che chiudere gli occhi e sperare nella quasi obbligata bordata. La squadra si muove in coro, lasciando finalmente il pressing a chi lo utili zzerà per scelta o per abitudine, ma offrendo al tempo stesso la chance di temporeggiare, accorciando o mantenendo le distanze da quello spinoso attaccante che ci salterebbe senza difficoltà con un abusatissimo running inside bounce o che infilerebbe i nostri centrali di difesa inseguendo un filtrante perfetto. Dunque la pressione del tasto X non risulterà automaticamente in un tackle, ma in un posizionamento del difensore nei pressi dell’attaccante. La distanza giusta starà a voi deciderla, accorciandola di colpo entrando in pressing con R1 o mantenendola spostandovi con la levetta sinistra fino al momento che riterrete più opportuno per eseguire con tempismo il contrasto vero e proprio (con la doppia pressione del tasto X). Ciò che è assolutamente galvanizzante è la possibilità di sfruttare i comandi manuali sempre e comunque, che si tratti di passaggi, cross, passaggi filtranti o tiri, anche giocando coi passaggi assistiti. Per tutti i fan del realismo dunque, una vera e propria gioia, quella di affidarsi al buon piede di Pirlo, ma tenendo fede alle proprie sinapsi, mettendo la palla proprio su quella zolla che stavamo contemplando. Per tutti i fan invece, del divertimento faida- te e della personalizzazione totale del gioco, consigliamo come sempre di godersi il Full Control in maniera sacrosanta, ponendosi così di fronte a un’iniziale inverosimiglianza nella quantità di errori commessi anche dal giocatore più preciso del mondo, a fronte di una soddisfazione senza pari nel momento in cui riuscirete finalmente a indirizzare la palla nel maledettissimo specchio della porta. In effetti, la situazione PES si presentava assolutamente meno drammatica di quanto si andasse vociferando per le strade e Masuda ha solo avuto l’intelligenza di integrare a una simulazione di spessore alcuni elementi innovativi, senza paura di osservare e pescare da ciò in cui l’avversario eccelleva.